Alla faccia degli alternativi, alla faccia degli snob, degli indie e di questa sorta di corrente di pensiero per la quale il passato è soltanto banale e il “già sentito” è una schifezza, ci sono – per fortuna – generi e sonorità che nonostante i decenni di storia alle spalle non perdono il loro fascino.
Non ci sono scappatoie, nel metal ci sono band fondamentali per cui si deve assolutamente passare e che ogni metallaro, dal death all’epic, conosce ed apprezza, sono band dai nomi altisonanti e talmente famosi da sembrare banali, ma così non è, e lo sanno bene i The Wild Child, formazione tutta italiana proveniente dai più alti lidi della Lombardia, nello splendido scenario della Valchiavenna, ad un nonnulla dalla frontiera svizzera.
I The Wild Child rispondono ai nomi di Cristian “Cris” Nava (voce e tastiere), Marco “Mark” Gilardoni (chitarra ritmica e solista), Paolo “Paul” Gilardoni (basso), Mattia “Matt” Ardenghi (chitarra ritmica) e Andrea “Endriu” Martocchi (batteria), nel 2004, uniti dalla medesima passione per l’hard rock e il metal, decidono di mettere insieme un gruppo ed iniziano a muovere i primi passi come cover band dei gruppi fondamentali del genere, su tutti Black Sabbath e Judas Priest, ma ben presto il semplice tributo non basta più, e i cinque cominciano a scrivere pezzi propri, proposti prima durante i concerti e infine stampati sul primo album ufficiale della band, “In the next life”, autoprodotto e datato 2008. Dopo l’uscita dell’album i The Wild Child riprendono un’intensa attività live che li porta in giro per lo stivale, fino ad un nuovo ritorno in studio, per registrare il successore di “The next life”.
La chiusura dell’album viene affidata a “Cris song”, il brano più lungo dell’intero e sicuramente uno dei più interessanti: il pezzo parte inaspettatamente con il suono soft di un pianoforte e qualche riverbero, al primo impatto pare di trovarsi di fronte una nuova ballad, ma non è così, per oltre 11 minuti Cris ci accompagna in un viaggio nervoso, in bilico tra le linee morbide del piano e le scariche elettriche di riff violentissimi scaricate a piccoli tratti, tratti che separano le diverse fasi di un discorso splendidamente recitato dal batterista che, parola dopo parola, sembra accumulare rabbia, salvo poi scaricarla in un tremendo anfratto elettrico prima della quiete finale. Un finale azzeccatissimo, che lascia spiazzati ma che resta fortemente impresso, forse più di ogni altro brano dell’album nonostante la lunga durata.
Insomma, un ottimo album questo dei The Wild Child, suonato senza il minimo cedimento e senza lasciare adito a considerazioni negative sulla tecnica e sul sudore che questi 5 ragazzi dimostrano di avere nelle proprie corde. Un album metal classico, come è giusto che sia, perché ci sono suoni e generi che per sopravvivere hanno bisogno di continue novità e continue nuove deviazioni ed influenze, ed altri che procedono dritti per la propria strada, senza bisogno d’altro. Il metal è così, lo si ama o lo si odia, se lo odiate “The Wild Child” non fa per voi, ma se lo amate non potrete non apprezzarlo al meglio…
Written by Emanuele Bertola
Tracklist
1. Wild Child
2. Confusion
3. Mofo
4. The Last Battle
5. Fuckin’ Money
6. Mother’s Eye
7. The Ghost
8. Cris’s Song