The Witch and the Hundred Knight: Revival Edition - Recensione

Creato il 02 marzo 2016 da Lightman

A due anni di distanza dall'uscita, Nippon Ichi ci ripropone il suo (traballante) Action RPG, limitandosi a qualche miglioramento sotto il profilo grafico e giusto un paio di aggiunte del tutto accessorie.

Versione analizzata: Playstation 4

Giovanni Calgaro è avvocato per sbaglio, ma tuttologo per passione, cresciuto a pane e videogiochi sin dalla più tenera età. Allevato da un commodore 64 non ha mai smesso di stupirsi per l'immensità della forma d'arte videoludica, tanto da sentire molto presto il bisogno di sfruttare l'amore per la scrittura per raccontare, far conoscere ai più e condividere questa meravigliosa passione. Potete sempre trovarlo su Facebook e Twitter, sempre che non sia in qualche aula di tribunale.

Da tempo i ragazzi di Nippon Ichi Software si dedicano con passione - non possiamo negarlo - alla creazione di mondi, personaggi e trame che, il più delle volte, superano l'assurdo (per non dir di peggio) sguazzando allegramente in un no sense frivolo dal gusto tipicamente orientale. In occidente, il successo della software house si deve soprattutto alla serie tattico-strategica Disgaea - inaugurata nel 2003 e giunta da qualche mese al suo quinto capitolo regolare - e relative ramificazioni nate dal tronco principale. Questi, a nostro avviso assieme a La Pucelle: Tactics, non possono che esser riconosciuti come i loro progetti più riusciti.
Grazie alle peripezie nel Netherworld il developer nipponico ha creato e plasmato uno zoccolo duro di fan che amano crogiolarsi in statistiche, numeri e nell'humour pazzo, esagerato e politicamente scorretto che connota i protagonisti e le trame di ogni loro singolo episodio.
Nel corso del 2014, decisa ad intraprendere una nuova avventura esplorando un terreno a lei poco congeniale, ossia quello relativo agli action RPG, Nippon Ichi Software ci propose The Witch and The Hundred Knight. L'esperimento o, per meglio dire, il grande balzo (nel buio) fatto dal team di sviluppo fu - al solito - strambo ed irriverente ma davvero poco accattivante, macchinoso e confusionario nell'impostazione. Il titolo, infatti, sbatteva contro criticità difficilmente superabili tanto sotto il profilo narrativo quanto riguardo alla struttura ludica nel suo complesso spingendolo mestamente verso i lidi della mediocrità. Evidentemente, agli indefessi Nippon Ichi non frega nulla di tutto ciò e, a due anni dalla release, ci ripropongo sostanzialmente il medesimo titolo (arricchito dalla dicitura Revival Edition), limitandosi a qualche miglioramento sotto il profilo grafico e giusto un paio di aggiunte del tutto accessorie.
Per coloro che se lo fossero persi su Playstation 3, urge un riassunto delle caratteristiche fondamentali di questo atipico action RPG orientale.

Swamp(ita) of niblhenne

A dispetto del nome altisonante, il giocatore veste i panni di un ingenuo e sprovveduto blob, o demonietto che dir si voglia, evocato nel mondo reale da Metallia, la più cattiva strega adolescente di palude mai esistita. La ragazza, sboccata e prevaricatrice sin nel midollo, pensa ad una cosa sola: espandere i propri domini sino a che tutto il mondo conosciuto non diventerà un'unica, immensa, palude mefitica. Il nostro piccolo alter ego, sotto l'egida della perfida ragazza che lo tratta quale suo schiavo, deve quindi avventurarsi all'esterno di quel regno melmoso e distruggere i cosiddetti "Pillar", fiori giganti i quali, una volta sbocciati contamineranno, con le loro amabili spore, l'ambiente circostante permettendo a Metallia di aumentare il proprio potere.
La componente narrativa, ovviamente, costituisce un semplice pretesto per far muovere il piccolo cavaliere senz'anima da uno stage all'altro, ammazzando possibilmente le pacifiche creature che tentano di opporsi all'avanzata del male. Tale struttura, all'apparenza molto semplice, intrigante e diretta, soffre in realtà di un difetto di fondo che mina l'esperienza di gioco e toglie costantemente il ritmo a quello che, lo dice la definizione stessa, dovrebbe esser un action-RPG a tutti gli effetti.
In The Witch and The Hundred Knight: Revival Edition, la rinomata abilità dei Nippon Ichi di ridicolizzare il male con humour nero come la pece, situazioni demenziali e macchiette estremamente malvagie si perde, proprio come il predecessore, in un bicchier d'acqua.
Il gioco ci investe con una estrema prolissità e lentezza nei dialoghi - più del solito - i quali si sono dimostrati anche assai invadenti non solo durante i normali sviluppi della trama, ma anche durante l'azione vera e propria. L'esplorazione degli stage viene infatti spesso e volentieri interrotta da scenette e dialoghi totalmente gratuiti e lunghissimi, che poco (anzi, nulla) aggiungono in termini di sviluppo narrativo risultando anche forzati, quasi che gli sviluppatori sentissero l'obbligo morale di inserire frasi no sense, stacchetti demenziali e molto materiale scurrile per rientrare nei loro canoni.

Un caotico guazzabuglio

Sin dal suo esordio il titolo ha rappresentato un taglio abbastanza netto ed una novità di rilievo rispetto a quanto fatto in precedenza da Nippon Ichi. Dal sentiero lastricato di Disgaea gli sviluppatori si sono trovati davanti ad un bivio. Continuare sulla stessa strada luminosa e pianeggiante oppure imboccare un sentiero buio, irto di pericoli ed in salita? Hanno optato per la seconda.
The Witch and The Hundred Knight: Revival Edition è un action RPG con visuale isometrica dall'interfaccia confusionaria e caciarone, dove si menano fendenti a destra e a manca. Non sembra diverso da molti altri titoli action, direte voi. Invece, il team di sviluppo ha voluto sovraccaricare quel concetto semplice con una struttura ruolistica di stampo tipicamente orientale. Il giocatore, dopo uno scarno tutorial (che spiega solo i movimenti base e poco altro) e ad alcuni consigli presenti durante le interfacce di caricamento, si trova catapultato in una ridda di statistiche, parametri da controllare, mini giochi futili e menu tutti da capire, tanto che è ben possibile arrivare sino alle fasi avanzate del gioco ignorando del tutto il funzionamento di un determinato parametro (come, ad esempio, il sistema del Karma o dei "Facet").

Oltre alla canonica crescita del personaggio, nel corso dei molti stage in cui ci troveremo a scorrazzare guadagneremo dei "gradi", validi solo per il livello che stiamo affrontando. In presenza dei pilastri, potremo assegnare questi gradi per potenziare alcune delle nostre caratteristiche, ma anche per rimpinguare il contatore GigaCals. Il nome esotico, in realtà, sta ad indicare un classico conto alla rovescia. Quest'ultimo, forse il parametro più importante, è una sorta di timer che diminuisce a seconda delle nostre azioni. Tutto, dal movimento agli attacchi combinati, consuma una percentuale più o meno consistente di GigaCals e, se il tempo si esaurisce, giunge anche una cronica riduzione delle statistiche sino al game over. Il timer può esser ricaricato in diversi modi: tornare al campo base, cannibalizzare i nemici - e qui partirà un altro mini gioco - consumandone l'energia rimanente, oppure utilizzare i grade points ricordati poco fa. Al di là della frustrazione iniziale l'idea, di fondo, non è malvagia e dona (assieme alla possibilità di equipaggiare cinque armi contemporaneamente) una imprevista variabile strategica che porta a dover prendere delle decisioni e dosare bene le sempre poche energie a disposizione per incatenare combo e non restare prematuramente a secco di calorie. Il problema principale del titolo, però, rimane l'eccessiva dispersività con cui accoglie il giocatore non appena quest'ultimo tenta di assaporare un po' più a lungo la pletora di ingredienti gettati alla rinfusa in un guazzabuglio caotico.

Allora, cosa resta?

La domanda, davanti alla riproposizione del medesimo titolo uscito la bellezza di due anni fa, sorge spontanea. Non tanto per chi sente parlare per la prima volta della strega Metallia e dell'ingenuo minion conosciuto come Hundred Knight bensì per coloro che, per una qualche insana perversione, vorrebbero ritornare nella maleodorante palude di Niblhenne. Cosa può offrire, in fin dei conti, questa edizione rimasterizzata per giustificarne l'acquisto a parte il prezzo - relativamente - contenuto?
Nonostante le molte spigolature che affliggono il comparto tecnico già rilevate in passato ed ora riproposte senza ritegno, The Witch and The Hundred Knight: Revival Edition gode appieno dei miglioramenti apportati dagli sviluppatori grazie alla potenza del nuovo hardware di riferimento. Risoluzione maggiore, aumento di texture, migliore gestione dell'illuminazione e frame rate settato a 60 fps costanti permettono di godere, in generale, di modelli poligonali più rifiniti e di un impatto stilistico sicuramente migliore (tralasciando i problemi puramente stilistici legati alla caratterizzazione dei personaggi e degli ambienti). Tutto qui? Non proprio.
Oltre all'avventura principale ora v'è una nuova feature, accessibile sin dalle prime fasi di gioco. Attraversando un ponte posto a sud-ovest rispetto alla dimora della streghetta (nonché nostro campo base) è possibile accedere alla Tower of Illusion. Questo è un dungeon tutto nuovo, composto da miriadi di stanze piene di FoE la cui forza e resistenza viene determinata dal livello dell'arma che decideremo di sacrificare per poter accedere alla Torre. Più elevato sarà il livello dell'arma che andremo a sacrificare, maggiore sarà la potenza dei nemici. E, ovviamente, più grande sarà il bottino guadagnato. Questo non conterrà denaro, bensì materiali preziosi da utilizzare per potenziare le statistiche delle nostre armi grazie all'alchimia. La Torre, insomma, si è rivelata comunque un passatempo divertente (grazie alla possibilità di evocare e controllare direttamente Metallia), riuscendo ad offrire anche un tasso di sfida più elevato rispetto all'avventura principale.L'aggiunta di questa feature, però, è meramente accessoria e, a nostro avviso, non giustifica un ulteriore esborso di denaro per chi già possiede il titolo su Playstation 3.

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