Annunciato, atteso e per molti versi anche temuto è infine giunto sugli schermi l'ultimo lavoro di Martin Scorsese, The Wolf Of Wall Street. Tratto dall'autobiografia del protagonista Jordan Belfort e magistralmente adattato per il grande schermo da Terence Winter (I sopranos, Boardwalk Empire) il film racconta la parabola di un giovane broker di Wall Street che ben presto si ricicla in tycoon della Stratton Oakmont, una società di brokeraggio di titoli spazzatura. Abilissimo venditore, Belfort si arricchisce moltissimo e in modo incredibilmente veloce, entrando in un vortice di droghe, feste e donne troppo facili. Nemmeno l'implosione del suo universo a causa di una indagine dell'FBI riuscirà a mettere in ginocchio l'ineffabile Jordan.
Si parla di The Wolf Of Wall Street come di una commedia, anche se alcune scene sono genuinamente esilaranti mi pare che Scorsese utilizzi la figura dell'iperbole per raccontarci qualcosa di noi. La pellicola è stata accostata ad altre dello stesso regista ma non ha il senso del grottesco di Fuori Orario, nè la ossessività che pervade l'Howard Hughes di The Aviator, nè tantomeno racconta di una ascesa e caduta come in Goodfellas. The Wolf Of Wall Street racconta di un vuoto che è prima di tutto culturale e si nutre di avidità: l'avidità di Belfort che truffa allegramente il suo prossimo e l'avidità - a ben vedere - dei suoi clienti che sperano di arricchirsi facilmente senza chiedersi come ciò sia realisticamente possibile. Belfort e la sua compagine di spacciatori trasformati come per incanto in finanzieri non vogliono entrare nei salotti buoni da cui sono esclusi per ceto, non sono spinti dalla rivalsa verso una società che li guarda dall'alto in basso. Nemmeno nel momento di maggior fortuna spostano la società da Long Island a Manhatthan: Jordan ed i suoi sanno bene che Wall Street è in realtà un posto a cui non appartengono; sono intrinsecamente, profondamente volgari: persino la loro droga preferita, il quaalud, è una droga da poveri, guidano auto stupende solo perchè appariscenti. Belfort possiedeuno yacht costruito negli anni 50 per Coco Chanel e lo fa naufragare al largo della Sardegna per pura ignoranza (a proposito, significativa la descrizione del salvataggio "all'italiana" che finisce in una festicciola - nella realtà Belfort ed i suoi furono salvati dal Gruppo Operativo Incursori della Marina, nientemeno). Guardando il film mi sono venuti in mente sia i truffatori televisivi di The Hustle ("quando qualcuno vuole qualcosa in cambio di niente, noi gli diamo niente in cambio di qualcosa") e il Martin Sheen di Wall Street che chiede al figlio "ma è possibile che tu non voglia creare niente?". Jay Gatsby, per tornare a un personaggio interpretato di recente dallo stesso di Caprio, distrugge un impero costruito in modo disonesto, ma per amore; Jordano Belfort invece si può definire solo in negativo: guadagna e perde una fortuna non per noia, non per disprezzo delle regole sociali, non per inseguire una vita migliore, in effetti non ha motivazioni, ma solo un insondabile vuoto interiore.
Il casting è una delle cose più riuscite del film; oltre a un Leonardo Di Caprio molto in palla troviamo Jonah Hill che potrebbe trovare il suo Oscar per l'interpretazione di Donnie Azoff, il braccio destro di Jordan; Margot Robbie (è la seconda moglie di Jordan, Naomi) sfoggia un corpo praticamente perfetto da Barbie perversa, Jean Dujardin si consacra internazionalmente nella parte di un banchiere svizzero. Una parte breve ma significativa per Matthew McConaughey tanto bravo quanto fisicamente smagrito. Diversi registi ricoprono ruoli di secondo piano: Rob Reiner (Stand By Me, Harry ti presento Sally, Misery non deve morire, Codice d'onore) è bravissimo nella parte del padre di Jordan (geniale la scena in cui risponde al telefono), Jon Favreau (Iron Man I e II, Cowboys & Aliens) impersona il consulente legale di Jordan; se siete attenti vedrete comparire in un cameo anche il mitico Spike Jonze (Being John Malkovich, Her). Occhio all'ultima scena il presentatore che annuncia l'ingresso del protagonista è interpreto dal Jordan Belfort "autentico".
Sesso, droghe e turpiloquio, oltre che una lunghezza eccessiva (anche se non fastidiosa) ne fanno un film non per tutti i palati , tuttavia la maestria di un regista come Scorsese e la bravura degli attori ne fanno un'opera che non si può ignorare "a prescindere". La critica di Scorsese più che verso il mondo della finanza (che peraltro ne esce malissimo) è diretta a un modello di (in)cultura ormai dominante. Il personaggio di Jordan viene descritto dal punto di vista narrativo come se fosse guardato attraverso un obiettivo fish eye: Belfort non è drogato è strafatto, non vuole essere ricco ma straricco, non organizza feste ma baccanali, non è avido ma vorace. Più che un lupo in effetti ricorda uno squalo che divora tutto quello che gli passa accanto senza chiedersi neppure se sia commestibile o meno. D'altro canto un facile giudizio moralistico sarebbe avventato, perchè Belfort ha la stessa funzione di uno specchio deformante: in quella immagine fastidiosamente distorta che Scorsese ci confeziona ognuno di noi può trovare un pezzetto di sè, perchè non siamo noi ad aver fatto Jordan Belfort così com'è, ci piaccia o meno Jordan Belfort siamo noi.
2013 - The Wolf Of Wall Street
Regia: Martin Scorsese
Sceneggiatura: Terence Winter
Montaggio Thelma Schoonmaker
Costumi: Sandy Powell
Scenografia: Bob Shaw