La trama (con parole mie): nel pieno dell'Inghilterra vittoriana, un giovane avvocato vedovo intraprende un viaggio nel cuore della brumosa campagna dei paesini isolati e delle case abbandonate per vendere quella che, un tempo, fu la villa di una facoltosa famiglia disgregatasi con la tragedia della morte di un bambino in realtà conteso tra due sorelle.
Arthur Kipps - questo il nome dell'uomo - si trova ad affrontare la diffidenza locale, legata a doppio filo alle misteriose morti di bambini collegate alle apparizioni del fantasma di una donna in cerca di vendetta indissolubilmente legato alle mura della suddetta dimora.
La sua esistenza - e quella di suo figlio - potrebbero non essere più le stesse.
Le previsioni e le aspettative non facevano presagire niente di buono, ma onestamente in fondo speravo che James Watkins, autore dell'incredibile Eden Lake, fosse in grado di sorprendermi ribaltando quello che credevo sarebbe stato il mio giudizio in merito.
Purtroppo per me, così non è stato.
The woman in black, infatti, è un film inesorabilmente brutto, costruito male soprattutto in fase di scrittura, poco avvincente e, sebbene in un paio di momenti in grado di concedere istanti di tensione, nulla che possa essere associato alle pietre miliari nell'ambito delle ghost stories e dell'horror più in generale.
Certo, affidare all'ex Harry Potter Daniel Radcliffe il ruolo di protagonista è un pò come partire già in svantaggio dovendo rimontare due o tre gol fuori casa, eppure non è soltanto questo il problema di una pellicola sostanzialmente insipida: la logica, spesso e volentieri, finisce per latitare all'interno di uno script che fa riferimento a classici del genere - Gli invasati, ma anche Un lupo mannaro americano a Londra, soprattutto nella prima parte, per non parlare di pellicole più recenti e decisamente meno memorabili come The orphanage e The others - senza risultare eccessivamente citazionista ma dando la conferma di uno scarsissimo carattere, mentre Watkins sembra più impegnato ad eseguire il compitino che gli permetta di guadagnarsi il posto fisso con una major, piuttosto che portare a casa un risultato dall'impatto emotivo enorme come il suo precedente e già citato lavoro.
Le stesse sequenze sulla carta più in grado di alzare la tensione nel corso della visione appaiono mal sfruttate anche dal punto di vista tecnico - ad esempio la sincronia delle bimbe suicide nella scena d'apertura -, e l'impressione generale è quella di trovarsi di fronte a situazioni elaborate inesorabilmente a caso gettate nel calderone per giungere al minutaggio necessario per poter essere distribuiti in sala, concentrandosi non sull'insieme ma sulle singole scene, neanche ci trovassimo in un film animato tipo targato Dreamworks.
Anche il finale, che vorrebbe essere originale e lasciare a bocca aperta, risulta più il tentativo maldestro del regista di mettere una pezza ad un'opera che gli appassionati dimenticheranno in fretta, e che, sinceramente, spero non significhi altro che un passo falso momentaneo per l'ottimo regista scozzese, uno dei più promettenti giovani talenti del panorama anglosassone, già rodato come sceneggiatore di The descent 2 prima del suo fulminante esordio dietro la macchina da presa.
Se così non fosse, il nome di Watkins si aggiungerebbe a quelli della piuttosto corposa lista dei cineasti saliti alla ribalta con opere indimenticabili per essere masticati, sedotti e abbandonati - spesso e volentieri proprio dal talento - una volta legatisi ai colossi della distribuzione - Kassovitz, Inarritu, Wong Kar Wai sono solo i più noti -.
E, come sempre in questi casi, sarebbe davvero un peccato.
MrFord
"Lady evil, evilshe's a magical, mystical woman
Lady evil, evil en my mindshe's queen of the night."Black Sabbath - "Lady evil" -