Il documentario di Scott Willis inserito nella sezione L’Altro Cinema, curata da Mario Sesti, alla Quinta Edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, non è una semplice ricostruzione di una vita familiare distrutta dalla morte improvvisa di uno dei componenti. E’ più che altro un percorso di analisi sul concetto di “arte”, attraverso la storia di questo particolare nucleo familiare. I coniugi Woodman, raccontando la loro personale storia di vita si rendono conto di come l’arte abbia influito notevolmente su tutte le loro decisioni e più di tutto si rendono conto di come l’arte gli abbia “guidati” (o forse controllati) per tutta la durata della loro vita. Essere un artista, afferma George durante il racconto, in realtà non è un lavoro come gli altri. Anche se un artista cerca in tutti i modi di credere questo: l’arte è più di uno stile di vita, è più di una filosofia di vita e, molto probabilmente, anche qualcosa di più di una dottrina religiosa. E’ parte dell’artista e una volta che questi ne prende coscienza è impossibile allontanarsene.
Sfondo di questa tormentata presa di coscienza di errori commessi o azioni mai compiute c’è il lavoro fotografico di Francesca Woodmans che, solo negli ultimi anni, ha finalmente ricevuto la consacrazione che meritava. Un’artista eclettica e rivoluzionaria che fece della fotografia la sua compagna di vita fino al momento in cui anch’ella non riusci più a darle nessun motivo per continuare a fotografare e, quindi a vivere.
La messa in scena del documentario è costruita molto bene: i primi piani dei woodmans sono costruiti in modo che fin dalle prime scene, dalle prime interviste, lo spettatore riesca a instaurare un forte legame empatico con i protagonisti che, nonostante i ritmi piuttosto lenti del racconto, fa scorrere le immagini sullo schermo senza troppe occhiate al fattore tempo.
- Si è da poco conclusa a Milano una mostra fotografica di Francesca Woodman, per saperne di più www.mostrawoodman.it