Okita Shuichi
Siamo in una zona ultra-periferica del Giappone. Un vecchio boscaiolo malinconico (Yakusho Koji), che ha rotto con il figlio, viene tirato dentro la produzione di un film di zombi a basso budget che stanno girando in quei luoghi. Prima molto perplesso, finisce per appassionarcisi, coinvolgendo nella realizzazione l'intero villaggio. Questo accade nella bella commedia drammatica “The Woodsman and the Rain” di Okita Shuichi, presentata con successo al Far East Film 2012.
In generale i film di zombi posseggono un'alta qualità metaforica, come ha mostrato in primo luogo George A. Romero. Nel presente film, gli zombi sono collegati al concetto del figlio perduto (uno sviluppo della metafora assai interessante). Ciò avviene a due livelli. All'interno del film-nel-film, il valore simbolico della perdita (vedi anche la battuta finale) implica una riflessione critica sulla società giapponese che spreca i suoi figli; e contiene la nostalgia di un'epoca precedente. Basta guardare gli eroi della lotta contro gli zombi, sempre nel film-nel-film: un vecchio che ricorda volutamente il vecchio maestro dei film di samurai, un esercito di donne armate di bambù che derivano direttamente da quelli.
Il “racconto primo”, quello che contiene il film-nel-film, a sua volta lo rispecchia: racconta la perdita del figlio del protagonista, allontanatosi da casa, e la conseguente nascita di un rapporto padre/figlio sostitutivo fra il taglialegna e il regista. Anche su questo livello narrativo si vede il rimpianto per un Giappone antico (e certamente irraggiungibile). Lo si vede chiaramente nell'estraneità del protagonista alla cultura pop metropolitana giapponese: non sa nemmeno cosa siano gli zombi e proprio per questo può appassionarsi e piangere alla lettura del copione di un film di serie B neanche stesse leggendo il Genji Monogatari.
Anzi, l'idea di usare come base per tutto l'impianto non un film qualunque ma un film di pura routine, non solo cinema di genere puro ma serie B al suo massimo, è forse la più brillante di “The Woodsman and the Rain”; e favorisce una serie di notazioni acute e divertenti (la migliore: nella bellissima scena dell'arrivo dei parenti, si può trovare un'analogia fra la zombizzazione del mondo intero nei film del genere e la passione del cinema che investe tutto il villaggio, e trasforma tutti in zombi come trucco di scena).
Nonostante l'umorismo che lo attraversa, il film di Okita ha alcuni difetti. Soffre di una certa lentezza iniziale (ma poi prende ala); inoltre non tratta in modo convincente la figura del giovane regista: francamente siamo un po' stanchi del gioco a due, visto in troppi film, fra il vecchio burbero/saggio e il giovane insicuro che sembra un pirla anche se poi non lo è. L'interpretazione piuttosto fiacca di Oguri Shun nella parte del giovane regista non aiuta. Tuttavia “The Woodsman and the Rain” è un film che cresce nel ricordo, per la sceneggiatura assai intelligente e per molti notevoli dettagli sparsi qua e là, oltre che, inutile dirlo, per l'interpretazione magistrale di Yakusho Koji nel ruolo del protagonista. Alla quale va accostata una folgorante parte minore per il “nostro” Yamazaki Tsutomu, indimenticabile capo dell'agenzia di nokanshi in “Departures”.
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