The writer's block.

Da Enricobo2
Eccomi qui di fronte alla sindrome della pagina bianca. Lo so, questa cosa coglie tutti i grandi scrittori prima o poi, soprattutto i grandissimi come bene illustra Popinga qui, ma per me è sempre stato un po' un incubo, una specie di tarlo ideal-letterario che ho cercato nel tempo di esorcizzare con la logorrea. La verità è che fin da piccolo sono nate le mie difficoltà di scrittore, benché bimbo, non fossi nemico del calamo e della tavoletta, anzi riempivo i miei quaderni dalla copertina nera con pagine e pagine di rigorosi puntini prima, poi sostituiti da aste di buona stesura, orgoglio della mia amorosa se pur severa maestra. Il problema si è posto quando ho cominciato a dover collegare i Pensierini in qualcosa di più corposo che allora veniva chiamato Tema o Argomento. Veniva dato un enunciato, di solito breve e conciso, non come adesso che viene fornito in una decina di fogli fotocopiati, del tipo Come ho passato la domenica. Io vergavo con attenzione esagerata la dicitura Svolgimento, tanto per perdere tempo, poi rimenevo lì con la punta della penna in bocca a guardare in alto, assolutamente privo di idee.
Riempire le quattro mezze facciate de foglio protocollo (che si piegava appunto longitudinalmente, per lasciare lo spazio alla prof per le correzioni) era un vero e proprio incubo. La professoressa Grosso della prima media era preoccupata per questa stitichezza di pensiero e prescrisse alla mia mamma l'acquisto di un libro di temi gia svolti che si chiamava appunto 8 in italiano, con l'imposizione di farne uno, un giorno sì e uno no, fino alla fine dell'anno. Una vera tortura. In un modo o nell'altro arrivai alla fine delle medie, con il voto di italiano che comunque mi rovinava la media, in tutti i sensi. L'inizio del ginnasio fu tragico, nel primo tema ebbi un sonoro 4 dovuto anche ad un tragico e assolutamente ininfluente, al fine della valutazione delle mie capacità letterarie, errore di ortografia, con esposizione al ludibrio di fronte a tutta la neoclasse. Poi la difficoltosa risalita che mi fece percorrere con terribile fatica tutti i cinque anni delle superiori con una sequenza infinita di 5/6, il classico voto senza carne né pesce, in cui l'insegnate ti segnala che non ha ancora deciso se dichiararti ufficialmente deficiente o perdonato fino alla prossima.
Ho arrancato così per tutto il ciclo, col fiatone come un ciclista sul Mortirolo, rimanendo anche rimandato in prima liceo, e solo in italiano, mio unico sfregio su una fedina penale altrimenti pulita (se escludiamo un 7 in condotta, ma di questo si parlerà in altra sede), per arrivare alla temibile maturità, Waterloo di intere generazioni, spauracchio devastante in cui, affrontare la temibile commissione che arrivava da chissà dove, equivaleva ad una guerra senza speranza. Superai lo scritto senza infamia e senza lodo, ma detti il meglio di me nell'orale (come sempre sono stato favorito dalla chiacchiera) e ottenendo un del tutto inatteso 7 finale, cosa che non solo stupì, ma diciamo pure irritò moltissimo la professoressa di italiano che non mi aveva in grande stima, essendoci stati invece molti 6 a coloro che giustamente lei riteneva meritevoli di migliore valutazione. Sono le prime ingiustizie della vita, che ci vogliamo fare. Da allora, per circa 45 anni, non ho dovuto più mettermi davanti alla pagina bianca e spremermi disperato cercando appigli nel vuoto della mente. Poi è partito 'sto trip del blog e non so come, mi sono lasciato scivolare nella dolce onda di questo mare calmo e profumato, la scrittura fluisce morbida come i liquori densi e fruttati delle isole dei Lotofagi e debbo impormi sempre di restringere il brodo, che se no i miei cari lettori si stufano e se ne vanno annoiati. Va beh, anche oggi l'abbiamo portata a casa. A domani.
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