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The X-Men, la fondazione: il ciclo di Stan Lee & Jack Kirby

Creato il 13 settembre 2013 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco
Speciale: X-Men: 50 anni mutanti

The X Men, la fondazione: il ciclo di Stan Lee & Jack Kirby X Men Stan Lee Marvel Comics Jack Kirby In Evidenza

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Era il 1963 quando, dal proprietario della Marvel Martin Goodman, arrivò per Lee & Kirby la richiesta di una nuova serie con un super-gruppo. Sino allora le richieste dell’editore erano state quelle di “ispirarsi” ai successi della concorrenza DC, ma ora il modello di successo era in casa propria e si chiamava  Fantastic Four [1]

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La nuova serie si sarebbe chiamata X-Men e alla sua base avrebbe avuto il concetto di “mutazione genetica” che, a detta di Jack Kirby (che dei due ideatori era il vero appassionato di Sci-Fi) [2] , arrivava dalle riviste parascientifiche che all’epoca divorava. La struttura che regolava il rapporto tra i vari personaggi invece era molto probabilmente di Stan Lee, da sempre appassionato dei tipici meccanismi delle “soap-opera”.

Ecco i presupposti: esiste una scuola privata a Westchester, nello stato di New York, che accoglie giovani dotati di particolari capacità. La scuola viene diretta  dal professor Xavier che, grazie ai suoi poteri psichici, è in grado di riconoscere  il fattore genetico mutante che dona a chi lo possiede queste capacità. I ragazzi del primo anno d’insegnamento (per decenni non ci sarà nessun’altra classe) sono: Scott “Slim” Summers (Ciclope), Henry “Hank” McCoy (Bestia), Warren Worthington III (Angelo), Robert “Bobby” Drake (Uomo Ghiaccio) e, unica studentessa della scuola Jean Grey (Marvel Girl). Hank e Bobby sono i due “sbarbatelli” come lo era Johnny Storm nei Fantastic Four, ma al contrario della Torcia (che inizialmente litigava di continuo con la Cosa), i due non hanno un peso sull’equilibrio dialettico del gruppo. Il triangolo amoroso, tipico di Lee, in questo caso era quello tra Marvel Girl, lo schivo e timido Ciclope e il ricco, bello e socievole Angelo. Inizialmente gli autori lasciarono aperte anche altre strade, come succedeva spesso nelle altre serie [3] . I pensieri di Xavier, infatti, talvolta rivelavano anche un suo interesse sentimentale per la  bella studentessa, cosa a cui non si farà più cenno quando il professore acquisirà sempre più il classico ruolo paterno, nei confronti dei suoi studenti.

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Diciamo subito che la serie, nella gestione di Lee & Kirby, non arrivò mai né al successo commerciale dei Fantastici Quattro, né alle sue vette artistiche. Pur contenendo quasi tutti gli elementi che dalla metà degli anni ’70 ne avrebbero fatta una delle testate più vendute d’America (superando nelle vendite il fantastico quartetto), la serie risentiva del super lavoro cui in quel periodo erano sottoposti i suoi autori.
La gestione Lee & Kirby durò diciotto albi, molti dei quali, nella parte finale della run, erano solo abbozzati da Kirby e finiti poi da altri disegnatori quasi mai all’altezza. L’inchiostratura delle tavole era mediocre (e questo, in parte succedeva anche nei Fantastici Quattro, sino all’arrivo in pianta stabile di Joe Sinnot).

Ciò su cui poi non c’era confronto, rispetto ai Fantastici Quattro, erano i comprimari. La grandezza del quartetto stava non solo nell’azzeccato amalgama dei protagonisti, ma soprattutto nell’eccezionale galleria di avversari e comprimari che comparivano u numero dopo l’altro. Nei primissimi numeri della serie si era assistito, senza quasi mai sbagliare un colpo, alla creazione di una serie di personaggi che sarebbero diventati le “icone” della testata per i successivi cinquanta anni.
La gestione Lee & Kirby degli X-Men, invece, era dominata da una serie di personaggi minori su cui giganteggiavano solo le Sentinelle e Magneto, che comunque all’inizio rimaneva un criminale stereotipato senza particolari sfumature.

I personaggi che si alternarono a Magneto nel ruolo di antagonisti sono: lo Svanitore, Blob, la Confraternita dei Mutanti Malvagi, con gli anonimi Toad e Mastermind e la più interessante coppia Pietro (Quicksilver) e Wanda Maximoff (Scarlet Witch), Unus, Lucifero, lo Straniero e il Fenomeno.

 

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Il numero 10 è un episodio particolarmente riuscito che vede l’introduzione nell’Universo Marvel del tarzanide Ka-Zar [4] e della Terra Selvaggia, zona isolata dell’Antartide, abitata da diverse popolazioni e dai dinosauri.
Con il numero 12  Kirby iniziava a lasciare che fossero altri a finire le sue matite, quel numero in particolare  veniva terminato dal grande Alex Toth con un risultato a dire il vero mediocre, visti i due artisti coinvolti.
Dal 13 le matite di Kirby sono completate da Werner Roth sotto lo pseudonimo Jay Gavin [5] . Il 13 conclude l’avventura con il Fenomeno mentre i numeri 14-15-16 vedono l’esordio delle Sentinelle,  antagonisti più  strettamente legati alle tematiche della discriminazione. Il 17 chiude la sequenza Lee & Kirby con la ricomparsa di Magneto.

 Col numero 18 Werner Roth diventava il disegnatore titolare di una lunga, non troppo celebrata, sequenza. I testi passavano dopo pochi numeri, da Stan Lee a Roy Thomas, senza che si notasse troppo la differenza.
Come racconta Thomas in un’intervista, quasi a discolparsi, lui non aveva niente a che fare con la creazione di certi villain ridicoli della gestione Roth, come Locusta, l’Uomo Pianta, Anguilla o il Porcospino. Il disegnatore faceva tutto da solo e Thomas, come “scrittore”, si limitava ad aggiungere i dialoghi, come spesso succedeva nel classico Metodo Marvel.

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Da sin.: Blob, il Fenomeno, lo Straniero, lo Svanitore, Lucifero e Unus

 Tirando le conclusioni sul ciclo fondativo degli X-Men si può dire che le basi per una buona serie c’erano tutte, come anni dopo dimostrarono prima Roy Thomas insieme a Neal Adams e  poi Chris Claremont (e inizialmente Len Wein) insieme ai tanti artisti che lavorarono alla serie.
Guardando poi i villain comparsi in questa prima sequenza, alcuni personaggi sono abbastanza anonimi (lo Svanitore, Lucifero e Unus) alcuni sono solo criminali minori (Blob, il Fenomeno e lo Straniero), ma altri, in buone mani, sono divenuti gli elementi portanti del grande successo di questa serie (Magneto e le Sentinelle).

Per quanto Lee & Kirby abbiano lavorato a “mezzo servizio” su questa serie, sono comunque riusciti a definire bene le personalità dei sei protagonisti, rimaste quasi identiche sino ai giorni nostri, e soprattutto a inserire, attraverso il concetto di mutazione genetica, tematiche  più adulte come  la paura del diverso e la discriminazione razziale che hanno reso questa serie diversa da ogni altra, fino dalla sua nascita.

Note:

  1. Aldilà delle richieste dell’editore si parla anche per gli X-Men di un’ispirazione alla classica serie DC, Doom Patrol. [↩]
  2. Kirby, nei suoi lavori senza Lee, usava spesso la fantascienza come tematica prevalente, mentre Lee senza Kirby lavorava quasi unicamente sul tradizionale genere supereroistico. [↩]
  3. Anche Balder, su Thor, sembrava innamorato di Lady Sif, (prima di “accasarsi” con Karnilla) ma poi l’idea venne lasciata cadere. [↩]
  4. Ka-zar non è una creazione originale del duo ma è un personaggio proveniente dal mondo dei Pulp Magazine, di cui l’editore Goodman possedeva i diritti. [↩]
  5. Gli pseudonimi servivano spesso agli autori per lavorare contemporaneamente sia per la Marvel sia per la DC, che non gradiva per niente la cosa. [↩]
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