THFF11 – Dark Souls – zombie e petrolio

Da Soloparolesparse

Nel mondo dell’horror (ed in particolare in quel paesino abitato da zombie) c’è ancora spazio per curiose e succose novità a cui non siamo preparati.
Dark souls, prodotto tutto norvegese per la regia di César Ducasse e Mathieu Peteul dimostra che la fantasia ha ancora tanto da regalarci e non c’è limite alle sorprese.

Si comincia con la più classica corsetta di una ragazza nel bosco, regolarmente assalita dal mostro pazzo maniaco, in questo caso si tratta di un giovane in tuta da lavoro arancione, con occhiali e mascherina che pensa bene di trapanare la capoccia della malcapitata con un trapano a batteria.
Abbigliamento del pazzo a parte, nulla di nuovo.
Solo che poi, quando ormai la ragazza è chiusa nel suo bel sacco e pronta per l’autopsia, decide di alzarsi e tornarsene tranquillamente a casa.
Il padre si accorge che qualcosa non va solo quando questa le votima addosso una nauseabonda sostanza nerastra.

Corsa in ospedale dove nessuno capisce niente, la polizia brancola nel buio e in pochi giorni gli omicidi (che non sono omicidi) si moltiplicano.
Il folle trapanatore aranciore miete vittime che non muoiono ma diventano quasi vegetali… praticamente un fabbricatore di zombie!

Questa la curiosa base di partenza di Dark Souls, che però nasconde in se un sacco di altre cosine interessanti.

Il film si sposta continuamente di registro passando dall’horror al thriller e ritorno.
E come nei migliori horror la critica è indirizzata in maniera precisa. Qui abbiamo una ditta che estrae petrolio che (forse) ha originato il tutto.
Ma allora cos’è Dark Souls?
Uno slasher film?
A momenti decisamente, perchè il maniaco arandione armato di trapano è riconoscibilissimo e nel finale acquista punti.
Un thriller?
Anche, perchè c’è l’inchiesta, la ricerca del colpevole, l’indagine sulle cause.
Uno splatter?
In alcuni momenti senza dubbio, perchè questo trapano ne combine delle belle.
Uno zombie movie?
Assolutamente!

Sorprendente sotto vari punti di vista, su tutti il nuovo modo di affrontare il tema dei morti viventi, in particolare nella prima parte del film, quando le vittime vengono ricoverate in ospedale e si prova a curarle senza capirci molto.
Ma anche sorprendente nel curioso comportamento di Morten Ruda, che si culla la sua figlia zombie cercando di proteggerla dai mali del mondo.

Splendido poi il finale con il protagonista deambulante in un mondo ormai evidentemente perduto sulle note di uno swing che racconta invece di vittoria e divertimento.

Nota di merito anche per Johanna Gustavsson che, corsetta iniziale a parte, si ritrova a recitare zombizzata per tutta la durata della pellicola.

Giudizio sintetico: godibilissimo.

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