Sottotitolo, somme di un anno di ricerca di l’avoro nello stivale. Sottosottotitolo, che poi magari si parla anche d’altro,
- La possibilità di essere flessibili, o la necessità di diventarlo per adeguarsi al mercato, e a forme ormai diverse rispetto a trentanni fa di vivere e gestire il quotidiano, è cosa assai diversa dalla negazione di diritti abbastanza elementari di un lavoratore [cheppoi sarebbe anche un consumatore], e più in generale di una persona.
- Nel dibattito annesso e connesso alla questione l’avoro, è comprensibile, plausibile, e in buona parte da me condiviso, asserire che il lavoro fisso e unico per una vita, è cosa che può risultare monotona. Asserirlo dall’alto, rivolgendosi a un paese privo degli strumenti di gestione del passaggio da un posto all’altro [nonché dei posti stessi], è cosa, quantomeno, di cattivo gusto [leggi: #tepossino].
- La tenzone tra agatodemone e cacodemone che si scontrano in me e dicono c’è ancora molto da fare per questo paese/questo paese è senza speranza, giace irrisolta.
- Il prossimo che lo sento dire che la serenità non c’entra col vil danaro, fa la fine dell’agnello pasquale.