This must be the place – Paolo Sorrentino

Creato il 28 ottobre 2014 da Maxscorda @MaxScorda

28 ottobre 2014 Lascia un commento

Credo di aver capito la genesi del film. Dopo "Il divo" la benevolenza verso il nostro s’e’ fatta totale, universale e con un moto cageiano applicato alla settima arte, Sorrentino il burlone ha deciso di creare un soggetto attraverso fogliettini con parole scritte a caso. Il fato ha voluto che fosse estratto "rock star anni 80" "Irlanda", "padre morto", "USA" "olocausto" e immagino la fatica, i giorni e le notti di studio, per ricavare qualcosa di utile unendo temi cosi’ diversi.
Deve essere andata cosi’ altrimenti non si spiega, non si spiega nulla.
Per un terzo il film s’ambienta in Irlanda con la giornata annoiata di un bollito dello showbiz di 30 anni prima, la moglie pompiere e bislacca, una ragazzina disagiata col fratello scomparso, un fidanzatino scontento, due adolescenti morti sulla coscienza e poi?
Poi lo fai finire come l’ennesimo road-movie statunitense a caccia di nazisti centenari. In mezzo a questo, un tizio conosciuto in un bar presta al protagonista la sua costosissima auto, oche che girano per casa, massimalismo con tatuatori, concerti che non centrano nulla, indiani muti, un elenco infinito di episodi fini a loro stessi e robe cosi’.
Lo voglio ripetere, il fatto che Sorrentino abbia la possibilita’ di fare qualunque cosa, cio’ non lo autorizza a farlo per davvero. Pellicola dove tutto e’ sbagliato e tutto e’ stato sbagliato, sprecando una sbaraccata di soldi arrivati da ogni dove come dimostra la lista sterminata di produttori esecutivi e i titoli di testa che non la finiscono piu’ di elencare i finanziatori. Di solito si da’ la colpa al sistema hollywoodiano, al contrario di Muccino non puoi nemmeno imputargli un fratello minus habens ma la colpa in questo caso ricade totalmente su Sorrentino, reo di sceneggiatura, regia e immagino casting. Sul soggetto direi non ci sia da aggiungere altro se non il patetico tentativo di mettere assieme stereotipi premiati ai concorsi ma che messi assieme non hanno alcun senso compiuto.
La regia e’ da manuale del perfetto esordiente al Sundance Festival percio’ fredda, inutile, trita e ritrita con al massimo qualche riferimento nobile a Lynch. Musiche di Byrne che sanno di marchettone e nel contempo contentino agli "amici" ai quali Byrne piace tantissimissimo e poi lui, lo sconcertante Sean Penn in uno dei momenti piu’ bassi della sua carriera, una carriera che al netto della sovrastima, di punti alti ne ha segnati ben pochi. Dico davvero non e’ uscito niente di meglio che copiare Robert Smith, dargli le espressioni ebeti di Edward Mani di forbice e farne un subumano cerebroleso? Cosa doveva essere, umorismo, citazionismo, critica sociale, un processo al decennio, un ossimoro, l’abisso mentale di tutto l’entourage di Sorrentino o solo antipatia personale per un artista dal ruolo fondamentale nella musica di qualche decennio fa? Il regista che ringrazia un mentecatto, evasore fiscale e cocainomane in mondovisione, giudica una tra le piu’ importanti correnti musicali degli anni ’80 come "solo canzonette che vendevano bene"?  Con meno cori nel cervello e piu’ musica, certe boiate le eviti.
Sono eccessivo? Certo, ci si arrabbia molto di piu’ coi figli dotati che con quelli scemi e questo e’ il film di gran lunga peggiore di tutta la sua carriera.
Sconcertante sotto ogni punto di vista, persino doloroso vedere tanto talento sprecato.

Scheda IMDB


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