Ancona, Glue-Lab.
Serata coraggiosa sotto vari punti di vista quella che vede il Glue-Lab mettere alla prova la sua vena più sperimentale proprio in un giorno solitamente poco propizio per i live come il martedì sera. Il menù offerto, invece, porta al circolo un pubblico nutrito oltre che eterogeneo, segno che certe scommesse possono pagare soprattutto se accompagnate da una programmazione capace di imporsi per apertura mentale e buon intuito. Per l’occasione si confronteranno tre differenti modi di utilizzare suoni, immagini e rumori di varia natura per creare set differenti eppure in qualche modo complementari nella loro voglia di seguire percorsi atipici per forme e risultati. Non si sta ovviamente parlando di approcci inusitati o inesplorati, visto che dall’industrial all’ambient, dai field recordings a certe forme di decostruzione sonora, molto – se non tutto – è già stato detto e esplorato, quanto di reinterpretazioni personali degli stessi. Il compito di aprire le danze spetta a Mai Mai Mai (cioè Toni Cutrone, già attivo con Truble Vs Glue, NO=FI Recordings e con la programmazione del circolo romano DalVerme). Il suo è un set che colpisce l’attenzione e coinvolge, a partire dalla presenza scenica e dall’interazione fisica tra il musicista e gli strumenti disposti su un lungo tavolo, comprese le care vecchie cassette a rendere il tutto così distante dall’attuale formula “uomo+laptop” che in molti hanno abbracciato. Il suo è un chiamare in causa la prima scena industrial e l’approccio analogico alla materia, in parte volto a disturbare e provocare, ma anche in qualche modo coinvolgente e fisico nel suo correre sempre sul filo tra violenza sonora e pulsazione ritmica, rumore e reiterazione dei suoni a creare una sorta di anti-melodia. Con buona pace dei concorrenti, la sua finisce per essere anche l’esibizione più particolare della serata, il che ribadisce il fiuto della Boring Machines, che ne ha appena dato alle stampe l’album Theta.
A confrontarsi con Mai Mai Mai sono due progetti canadesi (di Montreal per la precisione) accasati presso la tedesca Denovali, ovvero Aun e Thisquietarmy. Gli Aun sono in due, Martin Dumais e Julie Leblanc, si dispongono ai lati opposti della lunga console e lasciano scorrere immagini di api dallo stadio di larva a quello della produzione del miele, con tanto di digressione sui risvolti industriali della sua commercializzazione. In che modo questo sia collegato con l’ambientazione spacey dell’ultimo lavoro Alpha Heaven non ci è del tutto chiaro, né aiuterà la chiacchierata post concerto con un Martin (volutamente?) evasivo sull’argomento, ma del resto le visual sono da sempre appannaggio della sua compagna Julie, come lo stesso musicista tiene a ribadire. La loro è una performance che gioca non poco con richiami “cosmici” e con un evidente mood psichedelico, sebbene la matrice ambient resti palpabile nel dipanarsi del set e non abbandoni mai del tutto l’offerta sonora del duo, che d’altronde oggi sembra intenzionato a mutare ancora una volta pelle per muoversi verso nuovi scenari. A questo punto sarà interessante scoprire come gli Aun si comporteranno nella prossima sessione in studio.
A chiudere l’interessante serata entra in scena Eric Quach, accompagnato dalla sua chitarra e da una serie interminabile di pedali: questi ultimi formano un vero e proprio labirinto disteso ai suoi piedi. Con il suo progetto Thisquietarmy, Quach non è mai stato avaro di uscite in studio, sia che fossero in solitaria degli split, tanto che abbiamo di recente visto pubblicare il suo nuovo album Mountains Hex e, in contemporanea, la ristampa in vinile di Blackhaunter, ma fa piacere poterlo vedere finalmente in azione dal vivo e uscircene con la convinzione che, in fondo, questa sia la sua dimensione ideale, proprio per la possibilità di scegliere i momenti più significativi della sua produzione. Non a caso, un estratto da Resurgence appare come il punto più coinvolgente del set e lascia il segno più incisivo, sebbene l’impressione complessiva sia quella di un’esibizione ben bilanciata e con vari momenti importanti, di sicuro mai tediosa o prolissa. L’interazione del chitarrista con il suo strumento e con i molti effetti, avviati ora con i piedi, più spesso con le mani a calibrare e settarne volumi e intensità, cattura l’attenzione dei presenti e rende tangibile il tipo di approccio al suono e alla sua manipolazione da lui messo in atto. Di certo, si è trattato di una serata particolare e ricca di spunti: i presenti hanno saputo coglierli e in generale il pubblico del Glue-lab si è dimostrato oltremodo incuriosito. Davvero non male per un martedì sera ad Ancona.
Grazie a Ludovica Galeazzi per le foto.
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