THOR (Usa 2011)
Ecco l’ennesimo film ispirato a un fumetto della Marvel. Fumetto di cui non sospettavo, fino all’altroieri, nemmeno l’esistenza, anche se mi pare di ricordarne una parodia su un vecchio numero di Ratman – ma potrei sbagliarmi. Trattasi appunto di Thor, figlio del dio nordico Odino, scacciato dal suo stesso padre dal regno di Asgard e precipitato come un meteorite (lui e il suo super potentissimo martello) sulla Terra. Sul nostro pianeta incontra la bella (e figurati se non era bella) Jane Foster, astrofisica che lo aiuta a sconfiggere i crudeli giganti di ghiaccio, spalleggiati da Loki, fratello traditore di Thor.
Lo direste, voi, che un film con una simile trama è diretto nientemeno che da Kenneth Branagh, attore e regista shakespeariano per eccellenza? Vabbè che nemmeno Sleuth, sua ultima fatica registica di quattro anni fa, era un film shakespeariano, ma si trattava comunque di una pellicola scritta dal premio Nobel Harold Pinter e dunque lo spessore psicologico era di ben altra caratura. In ogni caso sì, il film sul dio biondone col martello che finisce in New Mexico è diretto proprio dal buon Branagh, quindi mettiamoci l’animo in pace e andiamo avanti.
Bello? Brutto? Mediocre? Difficile a dirsi. Il fatto è che si tratta in tutto e per tutto di un Marvel movie, quindi prendere o lasciare: qui come in tutti gli altri film di questo genere si alternano momenti epici, battaglie all’ultimo sangue, tradimenti, lato oscuro della forza, cameratismo, ragazze attraenti e pronte a innamorarsi, siparietti da commedia, effetti speciali all’ultimo grido, l’eroe che sembra sconfitto ma poi si ripiglia ecc… La qualità è ovviamente medio-alta (stiamo parlando di produzioni milionarie che non possono permettersi il lusso di partorire schifezze), ma l’impressione è che ogni elemento sia stato già visto mille volte, ciò che porta a un’inevitabile e non piacevole sensazione di prevedibilità e déjà vu. E il fatto che dietro la macchina da presa ci sia un “autore” e non il solito mestierante alle prime armi non cambia poi di molto le carte in tavola, dal momento che a) non si tratta certo della prima volta (cfr. Spider-Man di Sam Raimi e Green hornet di Michel Gondry), e b) se l’autore in questione, come in questo caso, non ci mette niente, o ci mette poco, di suo allora il nome diventa soltanto un blasone da esibire nei titoli di coda.
Ovviamente, poi, ogni singolo film ha le sue specificità, buone o non buone che siano, e in Thor citerei per esempio il cast molto poco azzeccato (il biondo è interpretato da un inutile bietolone palestrato di nome Chris Hemsworth, che scopro ora essere più giovane di me e già lo odio; Jane è una magnifica e un po’ spaesata Natalie Portman, che dopo la faticaccia di Black swan avrà deciso di prendersi una vacanza ben retribuita dal cinema impegnato; e Odino è addirittura Anthony Hopkins, che se la cava col mestiere ma niente di più), gli sbiaditi personaggi secondari (in particolare la svampita Darcy, interpretata da Kat Dennings, messa lì giusto per dare un tocco sexy alla faccenda), le bellissime ed esageratissime scenografie (che fanno molto Il signore degli anelli) e un 3D di un’inutilità senza precedenti. Il ritmo è incalzante, ma il lunghissimo (e inevitabile) battaglione finale è decisamente soporifero: il giorno in cui un film tratto da un fumetto finirà diversamente ci sarà di che gridare al miracolo.
Alberto Gallo