Visto in Dvx.
Tre registi orientali (uno cinese, uno sudcoreano e uno giapponese) tutti e tre sono famosi per la loro tecnica eccessiva e si incontrano proprio sul tema dell'eccesso, per contenuti o manierismi.
Dumplings. Segmento di Fruit Chan. Per ringiovanire (e far concorrenza all'amante del marito), un ricca signora si rivolge a una donna che vive nei bassifondi, ma che sembra ben conosciuta. Lei realizza dei ravioli di carne che hanno la dote di far sembrare più giovani le persone; l'ingrediente segreto è la carne umana, anzi di feto.
Film dalla trama pretestuosa utile solo a cercare di creare spasimi durante le (frequenti) scene in cui la protagonista mangia i ravioli. Dal punto di vista tecnico ben costruito, con colori carichi e suoni aumentati per rendere maggiormente gli avvenimenti mostrati. Sicuramente bello da vedere, ma di fatto gira tutto attorno all'assunto iniziale, terminata l'ondata di novità dell'idea il film esaurisce il suo interesse.
nella parte della protagonista la cantante Miriam Yeung che finora conoscievo per parti decisamente più delicate.
Cut. Segmento di Park Cahn Wook. Un regista viene imprigionata nel proprio set, mentre un maniaco (una sua comparsa di un film passato) lo minaccia; le richieste continuano a cambiare e le motivazioni non sembrano chiare, ma vorrebbe che uccidesse una bambina (per dimostrare di non essere un uomo perfetto) o taglierà un dito per volta alla moglie (famosa pianista).
Qui la trama sembra decisamente migliore e l'assunto di base è ottimo e offre spunti per tenere in piedi un film anche più lungo. Purtroppo ho trovato il film troppo complicato, troppo confuso nelle intenzioni e nella linea da seguire nello svolgimento, rendendo annacquato l'interesse e l'effetto della sfida fra le due personalità in gioco, oltre ad ammazzare completamente l'effetto potente del plot; bella l'idea, ma gira a vuoto.
Inoltre la scelta del registro grottesco, con molti momenti quasi comici (e un villain perfetto per una parodia vera e propria).
Peccato, perché Cahn Wook è il grande regista che si conosce, anche qui infatti c'è molta arte e una macchina da presa sempre in movimento (soprattutto si passa spesso dai mezzi busti ai primissimi piani); anche se meno debordante e fantasioso rispetto ai film subito precedenti e successivi a questo (dell'anno prima è "Oldboy" e del successivo "Lady vendetta").
Box. Segmento di Takashi Miike. L'episodio del regista giapponese è crtamente il più lento e complesso, più serio... in una parola è il meno cazzone dei tre. Miike dimostra fin da subito chi comanda allestendo un film che è costituito da un impianto nella messa in scena impeccabile sotto ogni dettaglio. La sequenza del flashback delle due sorelle quando si esibivano da piccole è di per sé un capolavoro di arte totale sostanzialmente perfetto; la scenografia, i gesti degli attori, le inquadrature filtrate attraverso oggetti che pendono dal tendone, le luci, il trucco (anche quando se lo stanno togliendo), la musica spezzata o la totale assenza di suoni; qui tutto è estremamente ragionato e tutto concorre in maniera equipollente alla realizzazione del mood.
Di fatto il film si muove sulle rotaie dell'opera d'arte perturbante per tutto il tempo.... Della storia ci ho capito poco, ma il corto mi ha intrattenuto con arte fino a 5-10 minuti dalla fine. Decisamente il migliore.