Chi si approccia per la prima volta a una figura socio sanitaria e medica spesso lo fa su indicazione di terzi, senza sapere con precisione cosa aspettarsi: riconosce sintomi ai quali non sa dare un nome, e ai quali non sa come rispondere, e cerca dunque una persona preparata cui affidare la propria cura.
La maggior parte delle persone che contatta il nostro studio lo fa senza sapere con precisione qual è l’entità del disturbo, come evolverà nel tempo e in cosa consiste un trattamento logopedico.
La presa in carico prevede che il terapista fornisca risposte alle domande che vengono poste già a partire dal primo colloquio così da colmare i dubbi del paziente e porre le basi per una corretta collaborazione.
Quando parliamo di Alleanza Terapeutica tra curante e assistito intendiamo un rapporto di reciproco affidamento basato sulla necessità di cooperare al raggiungimento dell’obiettivo di salute del paziente.
Noi logopediste del Centro Logopaideia crediamo nell’importanza di coinvolgere la famiglia nella terapia poichè riteniamo che non sia la singola ora trascorsa a stretto contatto con il terapista, a determinare un cambiamento nel paziente, bensì la costanza e la determinazione con la quale si affronta il percorso.
Ci sono disturbi per i quali l’obiettivo di benessere perseguito attraverso il trattamento, risulta più facilmente riconoscibile e quindi condivisibile dal terapista e il paziente. Con altri disturbi si incorre invece nella possibilità di individuare l'obiettivo del trattamento pur non condividendone le modalità di raggiungimento.
Allora se il ragionamento sopra proposto può essere facilmente applicabile ai casi di Disturbo del Linguaggio e dell’Apprendimento, per i quali i genitori hanno il più delle volte ben chiaro l’obiettivo del percorso intrapreso, non si può dire lo stesso per altre problematiche quali le disfagie o le afasie.
Con un adeguato training di informazione e formazione, la famiglia diventa gli occhi e le mani del terapista al di fuori del setting di riabilitazione, nella vita quotidiana del paziente. Si deve dunque mirare a raggiungere una collaborazione solida nella quale il terapista possa fidarsi del lavoro fatto dalla famiglia con e per il paziente, e la famiglia stessa possa fidarsi del lavoro e delle indicazioni del terapista.
Pertanto, ciò che non si dovrebbe mai dimenticare, è che al centro dell’interesse di tutte le persone che gravitano attorno a un paziente c’è il desiderio di raggiungere il suo benessere, e tutto ciò che si fa, lo si fa esclusivamente nel suo interesse.
Liliana Procopio