Quante cose possono essere in una? Quanti pezzi di noi possiamo contenere? E quante cose che vorremmo abbiamo giá? Adesso mi fermo e penso alle cose che sono, ma non per me, a quelle che sono per te. E forse esagero un po´e anche un po´ci prendo. In fondo é il mio destino indovinare le persone. L´ho sempre fatto, fino ad un certo punto. Quel punto di non ritorno non l´ho mai passato, quello che ti apre un mondo, gli occhi. Abbiamo troppi filtri, troppi muri e parvenze, cerchiamo di proteggerci come possiamo e di lasciare intatto l´armadio con gli scheletri. Ci vergogniamo di essere capaci di miserie, ci vergogniamo delle nostre malattie, dei difetti odiosi, ci vergogniamo delle cattiverie fatte anche se ne abbiamo avuto bisogno e anche degli sbagli che hanno coinvolto persone che mai avremmo voluto. Ci vergogniamo e ci spaventiamo e ci nascondiamo. Un po´come quelle belle facce dei cartelloni pubblicitari che se le tiri giú dietro sparisce la pelle patinata e c´é tutto lo sporco, la colla e i brandelli di carta passati. Io voglio vedere dietro per appagare gli occhi dell´anima. E voglio che tu scopra quel che sono per te, se ancora non lo sai, e cominci a tirare giú quello che sembri, senza paura di sbagliare. Il mondo immobile nei pensieri, tu sei abituata a viaggiare. Sono una fermata. E sono anche la strada che hai fatto per arrivarci. Sono l´ottantanovesimo tasto del tuo pianoforte. Sono la spugna che non vuoi gettare. Sono lo spazzolino consumato che non vuoi buttare. S Continua a leggere