Ti stampo la cena ARSENALE CREATIVO
Capita a tutti di trovarsi a casa sul divano e di venire colti da una fame indescrivibile, che non riesce a essere saziata dalle pietanze presenti in frigo e in dispensa. Pensate se poteste stampare quello che avete voglia di mangiare. Fantascienza? No, quasi realtà.
Ho già parlato di come la tecnologia della stampa 3D si stia evolvendo e diffondendo nei settori più svariati, come in quello della moda. Il settore del food non poteva rimanere fuori da questa rivoluzione. Da alcuni giorni, infatti, non si fa altro che parlare di Barilla e della sua collaborazione con l’azienda olandese TNO. Pare che le due aziende stiano lavorando da due anni ad un prototipo di stampante 3D che permette di stampare su misura la pasta. Il progetto prevedrebbe l’inserimento di questo strumento in alcuni ristoranti, in modo che i clienti possano stampare il formato di pasta che desiderano, basta che portino una chiavetta usb con caricato il disegno e in poco tempo ecco che si vedrebbero servire una pasta a forma di rosa, di tavolo, di cuore, di Giselle Budchen o di qualsiasi altra cosa abbiano richiesto.
Al di là del lato ludico della questione, mi sono fermata a pensare a quali possano essere i reali vantaggi di un’introduzione del genere nel mondo della cucina professionale. È necessario premettere che anche altre aziende stanno sviluppando prototipi simili a quello di TNO, per stampare altri tipi di pietanze oltre alla pasta, un paio di esempi sono Foodini e Chefjet.
Due delle caratteristiche principali della stampa 3D sono la personalizzazione estrema del prodotto e la possibilità di produrre in piccoli lotti, se non in pezzi unici. Muovendo da queste peculiarità, una “food printer” potrebbe rivelarsi interessante a livello professionale per due motivi: esperienza e personalizzazione.
Per quanto riguarda il primo punto, ovvero l’esperienza, si tratta della creazione di una situazione non consueta e estremamente coinvolgente per il cliente, il quale, non è più un commensale passivo, ma diventa co-produttore di quello che mangia. E dato che, oggi, ogni buon manuale di marketing ci insegna che il cliente vuole essere protagonista e co-creatore di valore, il fatto di fargli decidere il design del proprio piatto (sia che si tratti di pasta, di ravioli o di cioccolato), potrebbe rivelarsi un’arma vincente, anche se di nicchia, poiché bisogna considerare le competenze che ristoratore e consumatore devono avere per rendere possibile questo processo. Inoltre, non si può trascurare la nuova percezione del cibo come oggetto di design. Oltre a ciò, si deve tenere conto dei limiti della tecnologia disponibile al momento: possibilità di stampare non più di un ingrediente alla volta e velocità. Ma sono limitazioni che il processo tecnologico non tarderà a colmare, si pensi solo che gli ultimi modelli prodotti da TNO riescono a stampare fino a 20 unità di pasta in due minuti.
Per quanto riguarda il secondo punto, ovvero la personalizzazione, ci si sposta più sul contenuto che non tanto sulla tecnologia utilizzata per creare il piatto. In altre parole, grazie alla possibilità di poter stampare pezzi unici o piccoli lotti, i cuochi possono preparare gli ingredienti adatti per soddisfare particolari esigenze nutritive e poi, su richiesta, stampare una porzione di ravioli senza glutine, o una bistecca di soia, o un ripieno con un determinato apporto proteico e così via. Questa soluzione potrebbe essere una via di differenziazione per i ristoranti che non servirebbero più “pasta per celiaci”, ma l’esperienza e la possibilità di scelta per questi commensali particolari, abituati a prendere quello che trovano. Inoltre, ciò non oscurerebbe le capacità di un cuoco, il quale sarebbe comunque chiamato a mettere in campo la sua expertise.
Collegata all’estrema personalizzazione, la stampante 3D potrebbe poi rivelarsi molto utile nel cake design e nella realizzazione di particolari e difficili decorazioni.
Questa tecnologia, poi, potrebbe essere pian piano introdotta in caffetterie, pasticcerie e bar. Non mi stupirei se fra qualche tempo Starbucks introducesse l’angolo “stampa il tuo cupcake”.
Penso che un’altra interessante prospettiva, se ben ideata, potrebbe essere quella di creare una sorta di “food FabLab”, in cui gli appassionati di cucina possono recarsi per sperimentare le funzioni e i limiti di questi nuovi strumenti.
Dal lato della stampa di food in casa, bisogna tornare ad affrontare la questione della preparazione degli ingredienti: verranno forniti dei preparati o ognuno potrà/dovrà cimentarsi nella preparazione dell’impasto? Ci basterà attendere qualche anno per scoprirlo. Nella peggiore delle situazioni, questa stampante diventerà un competitor del Bimbi o del Kitchen Aid.
In attesa dei risvolti di questa introduzione, ricordiamoci sempre di mangiare bene e iniziamo a immaginarci lo spot di lancio Barilla con un uomo che porta la sua fidanzata a cena e la sorprende con una pasta a forma di rosa, prima di inginocchiarsi e chiederle la mano, in un tripudio di pasta al pomodoro.
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