Ieri sera.
Le sette di sera. Al lavoro.
Il grande capo, ho saputo dal “corridoio”, vuole parlarmi.
Per questo sto aspettando che mi convochi.
E non oso andarmene.
Alle sette e un quarto perdo le speranze.
Esco. Me ne vado a casa. Mi levo le scarpe. Mi rilasso e mi verso un bicchiere di vino.
Suona il telefono.
“dottoressa, dov´è? le va bene se ci vediamo fra dieci minuti al mio albergo e mangiamo qualcosa insieme in centro?”
“certo, sono in zona, sono APPENA uscita!”
Da casa mia al suo albergo ci vogliono 15 minuti in tram. Luci corri!!!
Mi infilo le scarpe di nuovo. No, non quelle da neve che mi sono appena tolta, degli stivali un po´ammodino. Ha chiamato il grande capo, mica il primo bischero.
Esco di corsa.
Sguincio sul ghiaccio e spapereggio fino alla fermata del trammino.
Lo prendo al volo. Scendo vicino al suo hotel e inizio a correre.
Per fare prima taglio da dentro lo Zwinger.
È notte. È buio. Il cielo è nerissimo. E il prato dello Zwinger bianchissimo di neve.
Un silenzio perfetto. Penso che sia un vero peccato che non possa fermarmi a ascoltare questo silenzio di neve. E allora lo faccio, per un secondo. È il gran capo, mica un fidanzato.
Arrivo. Trafelata ma sorridente. Ceno, discuto, racconto, ascolto.
Alle dieci e mezzo tutti a casa. Lui inizia a lavorare alle sette e io alle otto. Ma lui è il gran capo e io no.
Alle otto mi pare giá anche troppo presto.
Riprendo il trammino, devo aspettare un pochino.
Mi ricordo che prima che il grancapo chiamasse avevo messo a fare la lavatrice.
Mi ricordo anche che stamani magó aveva convocato la mefitica riunione delle otto.
Penso che se voglio stendere la lavatrice, aggiornare il blogghino, fare colazione come si deve e anche dormire, devo andare a letto appena torno a casa, mettere la sveglia alle sei e mezzo e fare tutto per bene.
Arrivo a casa poco prima delle undici. Mi infilo nel letto e cerco di dormire al volo.
Ma ovviamente non ci riesco.
Il grancapo, la riunione, il tedesco, l´inglese, il casino nella testa, l´andare di corsa sulla neve… tutto si mescola in sogni confusi.
..
Quando stamattina ha suonato la sveglia mi sono alzata di corsa. Ho evitato per un soffio lo spigolo dell´armadio, ho messo sú il caffellatte e mentre il caffè passava ho steso in bagno la lavatrice (il contenuto, non proprio l´elettrodomestico).
Ho trangugiato la spremuta mentre accendevo il computer, ho scritto il blogghino mangiando tipo oca una fetta di pane di patate con la marmellata di arance e bevendo il caffellatte come idraulico liquido.
Quindi mi sono vestita a caso, mi sono lavata il viso come i gatti, i denti per bene e sono uscita.
Erano le sette e trenta.
Il trammino fino alle otto passa ogni venti minuti, solo dopo le otto si fa piú frequente (ogni otto minuti, san trammino). mancavano quindici minuti al primo trammino. non me lo potevo permettere.
Quindi sono andata a passo svelto fino alla fermata successiva dove ne passavano altri due utili.
Sentivo la spremuta litigare col caffellatte in pancia.
Sono salita sul numero undici, per schshchcertnziztz. Ridente paesino misterioso.
Ho appoggiato la testa al vetro e mi sono quasi addormentata per le tre fermate che mi separavano dalla mia.
Sono scesa in trans.
Sono arrivata correndo in ufficio.
Erano le 07.50.
Ho esultato e ho stretto la mano a Hans dicendo: “sono in tempo!”
Lui mi ha guardato come una matta. era lí, da mezz´ora, giá col computer acceso, la penna in mano e le ciabatte ai piedi.
Sgrgsgrgrgrgr…
Ma come diavolo fanno?
Vanno a letto alle nove mi sa…
E comunque poco dopo piccola soddisfazione.
Magó aveva “le pesche all´occhi” come dicono i miei amici livornesi (lilith e simona confermate?) e sembrava si fosse pettinata coi petardi.
Aveva ancora sul viso porcino la riga del guanciale.
Ah.
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