Qualche giorno fa ho avuto l'occasione di vedere questo emozionante film girato da Rashid Masharawi, e mi ero ripromesso di scrivere le mie impressioni. Ticket to Jerusalem (2002) si trova a metà fra il film e il documentario, a mio avviso nessun titolo avrebbe potuto descrivere meglio ciò che contiene la pellicola: è una navicella che ci trasporta in pochi minuti su una terra antica e difficile, con i suoi i villaggi caotici, le strade polverose, i posti di blocco, gente dagli occhi colmi di emozioni profonde e contrastanti. E' tutto molto diverso da quello che vediamo in televisione, filtrato dalle bombe, dal sangue e dalle grida; il sapore di questo film è autentico e documenta lo stile neorealista di Rashid Masharawi. Il regista, nato a Gaza, in un campo di rifugiati palestinesi, nei suoi documentari e film rappresenta le complicate relazioni tra immaginario e realtà del suo paese, che in Ticket to Jerusalem ci avvolgono con le spire del sogno, dell'ossessione, dell'impossibile geografia. Il sogno in questo film è qualcosa di fisico che si sposta per villaggi e strade interrotte, inseguito da una coda di bambini, è il proiettore di Jaber, che in un mondo di disperazione sembra un magico unicorno che corre per le strade, evitando i carri armati e l'angoscia, che segnano ogni giorno nuovi confini. Un unicorno apparentemente superfluo, stridente rispetto alla realtà, qualcosa che ha nello stomaco luci e di ombre, storie riflesse, il cinema che entra nei cortili, nelle scuole, proiettando speranze. Ma veniamo alla storia:
Jaber (Ghassas Abbas), un proiezionista palestinese, vive con la moglie Sanah (Areen Omary), in un campo profughi nei pressi di Ramallah. Nonostante la situazione politica, i due provano a realizzare qualcosa di importante nella loro vita. Jaber è quello che ha il sogno più sottile, è lui il proprietario dell'unicorno, gestendo un cinema itinerante rischiando ogni giorno la vita per proiettare film nei villaggi, superando bombardamenti, posti di blocco, l'indifferenza della gente ormai vaccinata al nulla, alla inesistenza dei sogni e degli unicorni. Senza cibo e servizi di base, tra le case improvvisate dei campi profughi, il cinema appare una assurdità, un inutile lusso. La moglie Sanah invece è una volontaria nel servizio di pronto soccorso; è forte il contrasto tra i due percorsi della coppia, dall'iperrealismo nel quale è calata Sanah ai mondi lunari e sognanti di Jaber e del suo proiettore. La meta finale di queste due strade così diverse, il punto di impossibile convergenza, è la grande illusione, proiettare un film in un vecchio cortile di Gerusalemme. L'unicorno diventa così un cavallo di troia, e dal suo stomaco di legno escono forti emozioni.
Masharawi porta in questo film le sue esperienze personali, le facce e le storie che la vita gli ha spedito, riuscendo a offrirci una visuale inedita del mondo mediorientale, che supera i contenuti politici e di propaganda. Un bellissimo e intenso viaggio verso la normalità, con la malinconia del giallo e dell'arancione di posti e strade piene di voci e di polvere. Una corsa non facile, tra le buche e gli alti e bassi della resitenza e della depressione. Il finale ha il sapore dolce della magica comparsa di qualcosa che sembrava perduto per sempre, ma che invece era ancora vivo nel centro del cuore di tutti. Sono le luci e le ombre di Jaber a consentirgli di respirare di nuovo, in un cortile di Gerusalemme pieno di gente e di occhi accesi dopo tanto tempo.
Rashid Masharawi è nato a Gaza nel 1962 da una famiglia di rifugiati da Jaffa. E 'cresciuto nel campo profughi di Shati. Vive e lavora a Ramallah, dove ha fondato nel 1996 una produzione cinematografica e centro di distribuzione per promuovere produzioni cinematografiche locali. Proprio come Jaber, il protagonista di Ticket to Jerusalem, ha sponsorizzato un cinema mobile per proiettare film nei campi profughi palestinesi. Grazie ai suoi documentari e lungometraggi ha ricevuto diversi premi cinematografici. Il suo percorso cinematografico è quello del neo realismo, evitando la facile politica, anche se, come afferma il regista stesso, girare una commedia o una storia d'amore in Palestina è difficile, i protagonisti prima o poi dovranno passare per un posto di blocco, tra i carri armati. Masharawi fotografa la realtà, senza palesi opportunismi di propaganda. Ticket to Jerusalem (2002) che ha avuto iportanti riscontri di critica e di pubblico, lo ha rivelato a un pubblico più vasto. Il suo ultimo film è Laila's Birthday (2008), sotto trovate il trailer. Peccato non sia disponibile in rete un trailer o qualche seguenza di Ticket to Jerusalem, stavolta dovrete fidarvi sulla parola.