Tim Burton: la filmografia completa
Creato il 04 ottobre 2013 da Tizianogb
Era già da un po' di tempo che mi frullava per la testa l'idea di stilare un post su tutti i film di Tim Burton, e l'unica cosa che mi frenava dal farlo era la notevole quantità di corti che il genio di Burbank ha girato prima di diventare famoso. La filmografia completa di Tim Burton, si sa, comprende anche alcuni lavori seminali che per onor di cronaca andrebbero perlomeno citati e tra di questi vi sono anche dei piccoli gioiellini che tutto sommato meriterebbero di essere riscoperti. Insomma, un post sui film diretti da Tim Burton affrontato con pignoleria svizzera si sarebbe potuto rivelare una gran rogna; mentre un lavoro alla cazzo di cane mi avrebbe sicuramente semplificato la vita, ma non sarebbe stato quel che si dice un work of love, cosa che His dark majesty Tim Burton si merita sicuramente. Tornando a noi, quindi, i corti di Tim Burton come avrei dovuto catalogarli... avrei dovuto recensirli singolarmente oppure riunirli tutti in un'unica, Blobbesca recensione? Me ne sarei dovuto sbattere il cazzo ed ignorarli in toto, oppure avrei dovuto cercarli & scaricare come un topo da video-digi-teca, per poi recensirli uno per uno? Alla fine, ho optato per una via di mezzo, e quindi in questo filmografia Burtoniana troverete elencati sommariamente i corti meno significativi (quelli, cioè, che solamente i fan più sfegatati del regista di Burbank dovrebbero vedersi), mentre per quanto riguarda i due che a mio avviso appartengono alla sua fase cosiddetta "matura", Frankenweenie e Victor, ho dedicato uno spazio ad hoc.
Ma basta con le chiacchiere inutili: ecco a voi
La filmografia completa di Tim Burton
The Island of Doctor Agor (1971): Girato con amici quando Burton aveva tredici anni e ispirato all'Isola del Dr Moreau.
Houdini (1976): Un Tim Burton diciottenne alle prese con il mago più famoso di tutti i tempi.
Doctor of Doom (1979): Girato in puro stile Ed Wood, un corto che vede Tim Burton nelle vesti di un mad-doctor la cui ultima invenzione è un uomo con la testa di elefante. Demenziale.
Stalk Of The Celery Monster (1979): Un corto di animazione che Burton realizzò durante i suoi studi al California institute of arts. Per questo lavoro, fu assunto come disegnatore dalla Disney.
Hansel e Gretel (1982): Un medio-metraggio basato sull'omonima fiaba, interpretato da attori giapponesi e con un finale pirotecnico a colpi di Kung-fu... un lavoro eccentrico e fuori di testa, in puro stile Burton.
Luau (1982): Invasioni aliene, surf e teste mozzate... un filmato strampalato, dal livello poco più che amatoriale.
Vincent (1982): Cortometraggio girato usando la tecnica dello stop-motion, tanto cara a Burton, Vincent è la storia di un bambino che sogna di essere Vincent Price. Finanziato dalla Disney, per la quale Burton lavorava all'epoca, è un piccolo gioiellino gotico di animazione, che contiene in nuce tutti gli elementi che diventeranno poi caratterizzanti delle opere Burtoniane: la solitudine e l'emarginazione dei diversi, l'amore per i vecchi film horror, la fascinazione del gotico e del macabro, le ambientazioni espressionistiche, la passione per Egdar Allan Poe. La voce di Vincent è dello stesso Price, del quale Burton era un fervente ammiratore: tra i due artisti, in seguito a questa collaborazione, nacque una profonda amicizia e stima reciproca che durarono fino alla morte di Vincent Price nel 1993. Per chi non l'ha mai visto, è qui a fianco...
Frankenweenie (1984): Il cortometraggio che sancì la rottura di Burton con la Disney è un omaggio neanche troppo velato al capolavoro horror di James Whale del 1931, Frankestein, tratto dall'omonimo romanzo di Mary Shelley. Protagonista della storia è Victor Frankestein, un ragazzino solitario che in seguito alla morte del suo amato cagnolino decide di riportarlo in vita, utilizzando i metodi non ortodossi del famoso scenziato pazzo da cui prende il nome. Interpretato da Shelley Duvall (Shining), Barret Oliver (il bambino de La Storia Infinita) e da Daniel "Mamma ho perso l'aereo" Stern, Frankenweenie è, al pari di
Pee-wee's Big Adventure (1985): Il primo lungometraggio di Burton ruota intorno alle disavventure di Pee-wee Herman, un comico americano molto famoso in quegli anni, i cui spettacoli erano rivolti soprattutto ai bambini. Immaginatevi una specie di Mr. Bean strafatto di anfetamine che sia stato violentato ripetutamente da una decina di clown ritardati e avrete, grosso modo, il ritratto di Pee-wee Herman, un personaggio che definire odioso, per quel che mi riguarda, è come dire che Hitler era un ragazzaccio... tralasciando l'antipatia per il personaggio, però (una mia opinione strettamente personale), Pee-wee's Big Adventure è il classico film d'esordio col botto, e sicuramente un prodotto originale, che rivela fin da subito di che pasta è fatto Burton. Tra scenografie psichedelic-pop (che in parte verranno riprese ne La fabbrica di Cioccolato) e non-sense visivi al limite dello slapstick, questo film è diventato col tempo un cult da cinefili.
Beetlejuice (1988): Una commedia horror dalle tinte gotiche e l'umorismo macabro che ha fatto storia, ridefinendo il concetto stesso di commedia americana e riuscendo a scherzare su un argomento tabù come l'oltre-tomba, precorrendo i tempi hollywoodiani come solo le grandi opere sanno fare. La storia è incentrata sulle disavventure della famiglia Maitland, formata da marito e moglie defunti che tentano in tutti i modi di sbarazzarsi dei nuovi proprietari (vivi) della loro casa, arrivando infine a contattare il bio-esorcista Beetlejuice, un fantasma bukowskiano, zozzone e truffaldino. Interpretato da uno strepitoso Michael Keaton, forse nel ruolo migliore della sua carriera, e da due altrettanto bravi Alec Baldwin e Gena Davis, Beetlejuice è il film che ha rivelato al mondo intero il genio di Tim Burton.
Batman (1989): Dopo il successo planetario di Beetlejuice, la Warner Bros decise di affidare a Burton la riduzione cinematografica di uno dei fumetti più famosi di sempre: Batman, l'uomo pipistrello. Una scommessa che avrebbe fatto tremare i polsi a più di un professionista, che Burton vinse su tutti i fronti, anche sulla scelta del protagonista, Michael Keaton, inizialmente non voluto dalla Major. Tra scenografie Gotich-pop, un antagonista indimenticabile (il Joker di Jack Nicholson) e atmosfere dark, Burton confeziona un film impeccabile, delizia dei suoi fan, di quelli del fumetto di Bob Kane e dei critici cinematografici.
Edward mani di forbice (1990): Il capolavoro assoluto del genio di Burbank è anche l'inizio di una collaborazione che è ormai diventata storica: quella tra Burton e il suo interprete/alter ego per definizione, cioè Johnny Deep. Edward Mani di Forbice rappresenta la sublimazione totale di tutti i temi cari a Burton e, senza ombra di dubbio, è il film che lo ha consacrato definitivamente come uno degli artisti visuali più importanti di tutti i tempi. Vagamente ispirato alla storia di Frankestein, Edward Schissorhands è una favola gotica, il cui protagonista è una creatura da laboratorio con delle forbici al posto delle mani, il cui creatore e padre (Vincent Price), nonchè Mad-doctor, che lo ha "costruito" è morto prima di poter completare la sua opera. Il film è un elogio alla diversità e alla solitudine che ne deriva, oltre che una critica alla middle-class borghese e all'ignoranza con cui giudica chi è diverso dai suoi standard, generando razzismo ed emarginazione; ma, significati e simbolismi a parte, rimane innanzitutto una magnifica favola dark senza tempo, capace di affascinare sia i grandi che i più piccoli. Indimenticabile.
Nightmare Before Christmas (1993): Favola gotico-natalizia girata in stop-motion, è considerata alla quasi unanimità come una delle vette artistiche del genio di Burbank. In realtà ero leggermente indeciso sul mettere o meno questo capolavoro d'animazione tra i film di Burton, dato che in realtà è diretto da Henry Selick, ma dire che non è un suo film sarebbe tremendamente ingiusto, oltre che un errore colossale. Persino il titolo porta il suo nome, e per questa volta non si tratta solamente di una trovata pubblicitaria: Burton ha partecipato al progetto con la storia, i bozzetti e le classiche atmosfere Burtoniane piene di cimiteri, mostri strambi, umorismo macabro e scenografie gotiche; insomma, Nightmare before Christmas è un film di Tim Burton e basta. Ed è un capolavoro, per inciso. Dalle musiche geniali di Danny Elfman, alla caratterizzazione dei personaggi, tutto in questo film trasuda genialità. Da vedere e rivedere, fino allo sfinimento.
Batman, il ritorno (1992): Il secondo Batman diretto da Burton è un visionario delirio pop in cui i nemici di Batman sono i veri protagonisti della storia; questa volta, l'uomo pipistrello ne deve affrontare ben tre insieme: il Pinguino/Danny De Vito, Catwoman/Michelle Pfeiffer e Max Schrek, un industriale senza scrupoli interpretato da un come al solito superbo Cristopher Walken. Nuovi gadget e nuovi nemici fanno di questo secondo episodio un degno successore del primo, e confermano la bravura di Burton nel trattare soggetti già predefiniti: naturalmente, come già accadeva nel primo, la diversità e la doppiezza dei personaggi, oltre che la loro solitudine, sono i temi portanti del film. A completare il tutto, una Michelle Pfeiffer da urlo, inguainata di pelle nera come una gatta in calore, talmente sexy da far dubitare ai genitori che sia un film adatto anche ai bambini. Sado-Psichedelico.
Ed Wood (1994): Il peggior regista di tutti i tempi raccontato da uno dei più bravi... questa, in poche parole, la storia di Ed Wood, biopic girato in bianco e nero su uno degli "artisti" che più hanno influenzato Burton, non tanto per la tecnica (deprecabile) e certo neanche per l'assoluta incapacità di girare un film decente, ma più che altro per la vitalità e l'inarrestabile ottusità con la quale Wood visse la sua vita e il suo sogno di diventare un regista famoso in tutto il mondo (cosa che poi accadde, anche se non per i motivi che Wood sperava): insomma, Ed Wood era un vero freak, un personaggio assolutamente fuori dagli schemi, e quindi un soggetto perfetto per la poetica Burtoniana, sempre alla ricerca di outsider e "perdenti"... Ed Wood è una commedia sul cinema, uno strampalato e geniale omaggio ad un personaggio che a sua volta, e a suo modo, ha amato la settima arte. ad interpretare il protagonista, autore di autentici cult del trash come "La sposa del mostro" e "Plan 9 from outher space", troviamo uno stralunato Johnny Deep, qui alla sua seconda collaborazione con Burton.
Mars Attacks! (1996): Ispirato da una serie di figurine degli anni '60, da cui Burton prese anche il titolo per il film, Mars Attacks! è una black comedy in salsa fantascientifica, un omaggio ed insieme una parodia di tutti quei film divenuti famosi in America negli anni '50, durante la guerra fredda tra Stati uniti e Unione Sovietica. Marziani con il testone a forma di culo, brutti come la fame e dal linguaggio totalmente incomprensibile attaccano la terra per sterminare senza pietà l'intera genere umano... a fermarli ci penseranno Tom Jones, un ragazzino con sua nonna e la micidiale yodel country-music di Slim Whitman... Mars Attacks! uscì lo stesso anno di Indipendence Day e non ebbe il successo che si meritava, ma rimane comunque uno dei film più divertenti di Burton e per certi versi un capitolo assolutamente geniale della sua carriera.
Il mistero di Sleepy Hollow (1999): Terzo film con protagonista Johnny Deep ed ennesimo capolavoro. La storia del cavaliere senza testa è probabilmente una delle più affascinanti nella letteratura gotica e Burton ne ricava un film praticamente perfetto: un mix geniale di horror, fantasy e black-comedy. Ichabod Crane (Johnny Deep), è un investigatore Londinese che viene mandato nello sperduto villaggio di Sleepy Hollow per indagare su una serie di omicidi il cui modus operandi è sempre lo stesso, cioè quello della decapitazione. Tra magia nera, streghe e cavalieri senza testa, il giovane Crane risolverà il mistero di Sleepy Hollow, non senza che prima vi siano altri omicidi ed avvenimenti paurosi. Tecnicamente impeccabile, con degli interpreti in stato di grazia, Il mistero di Sleepy Hollow è l'horror perfetto per la notte di Halloween (se non ricordo male, uscì da noi al cinema proprio in quel periodo): intrigante, funambolico, nero come la pece e terribilmente spassoso.
Il pianeta delle scimmie (2001): Negli anni settanta la saga de "Il pianeta delle scimmie" ebbe un successo planetario, tanto che ne furono tratte una serie animata e una con attori per la televisione. Tratto da un romanzo distopico di Pierre Boulle, il primo film della serie narrava le avventure di un astronauta (Charlton Heston) con relativi colleghi, la cui astronave precipita in avaria su un pianeta dominato da scimmie umanoidi dotate di parola ed intelletto. A Burton venne commissionato il remake e ne uscì un film noiosetto e, per quel che mi riguarda, privo di interesse (se negli anni settanta vedere un branco di attori travestiti da scimmie aveva un senso, è difficile trovarne qualcuno alle soglie del duemila), un vero e proprio passo falso nella carriera del regista di Burbank. Trascurabile.
Big Fish (2003): Il film "più personale" di Tim Burton (suo padre era morto poco tempo prima) è tratto da un libro dello scrittore inglese Daniel Wallace. Big Fish è la storia di un padre in fin di vita e di un figlio che non lo ha mai capito. Edward Bloom, il padre, è un grande racconta-storie scanzonato che sembra non prendere nulla sul serio, ed è interpretato da Albert Finney nella versione anziana e da Ewan Mc Gregor nella sua versione giovanile; il figlio, invece, interpretato da Bill Crudup, al contrario del padre è un serioso uomo d'affari che negli ultimi giorni di vita di quest'ultimo cerca di conoscere, attraverso i suoi racconti fantastici, un padre che non ha mai capito. Big Fish è sostanzialmente la storia di due personalità distanti, di quanto sia difficile il rapporto padri e figli e di come si possa riconciliare un rapporto attraverso la comprensione reciproca. Burton dirige un film pieno di poesia, immaginazione e stupore, uno dei suoi migliori di sempre... da vedere e rivedere.
La Fabbrica di Cioccolato (2005): Il film originale del 1971 penso che sia stato uno dei film natalizi più visti e conosciuti da tutti quelli che, come il sottoscritto, navigano in quel limbo temporale che si colloca tra i trenta e i quarant'anni. Burton ne ha fatto un remake decisamente fedele all'originale, ma in questo caso per originale intendo il romanzo da cui è tratto... non che la storia sia molto diversa, anzi sostanzialmente è sempre la stessa, ma il Willy Wonka di Burton ( e del suo interprete Johnny Deep) è sicuramente meno dolce e cioccolatoso del suo predecessore Gene Wilder: una specie di Michael Jackson senza gli atti libidinosi, ma con evidenti problemi comunicativi. Per il resto, sia questa versione che quella del 1971 sono, a mio parere, delle ottimi riduzioni in pellicola di una storia senza tempo, una grande ed immaginifica favola dei nostri tempi. Ma tornando alla versione di Burton, che è poi quella che ci interessa, che si può dire a riguardo: colorata, luccicante, psichedelica e delirante... una vera interpretazione d'autore.
La Sposa Cadavere (2005): Tratto da una favola della tradizione ebraica, La sposa cadavere è il terzo approccio di Burton con una delle tecniche a lui più care, quella della stop-motion, dopo il corto-metraggio Vincent e la produzione (ma non la regia, come molti erroneamente credono) di Nightmare before Christmas. Ed è proprio a Vincent, il suo primo lavoro in tal senso, che Burton si ispira per quanto riguarda la creazione del personaggio principale: Victor. Se ci pensate bene, difatti, Victor non è nient'altro che un Vincent cresciutello, vi pare? Ad ogni modo, La sposa cadavere è la storia di un triangolo amoroso con... cadavere! Ed è anche un bellissimo film d'animazione, forse il migliore di Burton (non me ne vogliano i fan di Nightmare). Tra scheletri ballerini, vermi coprofagi e cadaveri con un notevole sense of humor, il genio di Burbank ci fa tornare bambini e allo stesso tempo ci mostra come il mondo dei morti non sia poi così spaventoso, se paragonato a quello dei vivi e a quelli che lo abitano...
Sweeney Todd (2007): Tratto da un musical che debuttò a Brodway nel 1979, a sua volta ispirato ad una piece teatrale del 19esimo secolo, Sweeney Todd è la storia in musica dell'omonimo serial killer, realmente esistito, responsabile della morte di 160 persone nell'Inghilterra pre-Vittoriana. Barbiere di professione, il simpatico Sweeney tagliava gole come pagnotte usando un'ingegnosa trappola per far sparire i cadaveri, marchingegno che altro non era che la sedia del suo negozio di barbiere; la sua complice Margery Lovett, poi, si occupava dello smaltimento dei cosiddetti "rifiuti" utilizzandone le varie parti per fare dei gustosi pasticci di carne. Forte di questa allegra storiuccia di omicidi seriali, Burton dirige senza ombra di dubbio il suo film più cupo e horror; ed è anche uno dei migliori. Potrebbe sembrare strano che un horror possa subire un trattamento del genere senza sconfinare nel ridicolo: in fin dei conti è un musical, e quindi ogni due minuti c'è qualcuno che balla e canta; però Sweeney Todd è, a mio avviso, un riuscitissimo esempio di contaminazione estrema tra generi, e nella sua particolarità è un piccolo gioiello. E' il quinto film (escludendo le collaborazioni animate) della coppia Burton-Deep.
Alice in Wonderland (2010): Interpretato da un superlativo Johnny Deep nella parte del cappellaio matto, il film narra le avventure di Alice nel paese delle meraviglie in seguito agli eventi narrati nei due capolavori letterari di Lewis Carrol. Utilizzando i personaggi di Carrol per rielaborare una delle storie romanzi più famose e geniali mai scritte, Burton dirige con mano ferma un film strepitoso e colorato, che sfrutta la tecnologia 3-D tanto in voga di questi tempi, ma senza che quest'ultima sia predominante o indispensabile per la sua fruizione (tanto per intenderci, il film si guarda benissimo anche nella versione non-3D: anzi, senza i fastidiosissimi occhialini non perde neppure un briciolo del suo fascino). Un caleidoscopio di colori e fantasia.
Dark Shadows (2012): Trasmessa dalla televisione americana dal 1966 al 1971 per la bellezza di 1225 episodi, Dark Shadows è una soap-opera che ha raggiunto, negli Stati Uniti, lo status di culto, tanto che, oltre a Tim Burton e Johnny Deep, tra i suoi fan annovera niente meno che Quentin Tarantino. Difficile, del resto, non innamorarsi di una soap opera i cui protagonisti sono fantasmi, vampiri, lupi mannari e tutto ciò che riguarda il paranormale... Burton ne ha tratto un film che definire perfetto è forse eccessivo, ma sinceramente non trovo altre parole per descrivere la genialità di questo lavoro: viaggiando tra i generi (horror, commedia, sentimentale) come solo i grandi maestri sanno fare senza scadere nel ridicolo, Burton rende omaggio ad una delle serie più innovative degli anni sessanta. E lo fa con la giuste dose di cattiveria, humor e pop-art gotica.
Frankenweenie (2012): Il progetto di rifare Frankenweenie usando la tecnica dello stop-motion era un sogno a cui Burton pensava da tempo. L'unico problema era quello di allungare un corto cinematografico di 45 minuti fino a farlo diventare un lungometraggio di un'ora e mezza: per far ciò, Burton non ha fatto altro che condire la storia del piccolo Victor Frankestein e del suo adorato cane Sparky con divertenti e per nulla banali precisazioni sulla vita scolastica di Victor, sui vicini di casa dei Frankestein e, per finire, ha rimescolato il tutto con una miriade di citazioni horror. Dai Gremlins di Joe Dante, passando per L'uomo lupo e Godzilla, Burton ha creato l'omaggio perfetto ad un intero genere, rendendo ancora più appassionante una storia che, già trent'anni fa, aveva in parte esplorato la sua macabra poetica. Non solo per bambini.
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