Timbuctu: crimine, non religione

Creato il 30 gennaio 2013 da Gianfrancodv @Gdv1964

la grande moschea di Timbuctu, foto dalla rete

La guerra in Mali si combatte, sul serio. Sul serio significa che si spara, vi sono morti e feriti, distruzioni e terrore. In queste ore è la città di Timbuctu, nel nord del Mali (in realtà nel centro, perchè il vero nord è deserto), a far parlare di se. Non certamente per le sue opere architettoniche (riconosciute patrimonio dell'umanità dall'Unesco), nemmeno per quell'alone di mistero che per secoli ha accompagnato questa città che alcuni non ritenevano nemmeno esistere, bensì per la follia di un gruppo di estremisti che hanno pensato bene, prima di lasciare, sconfitti, la città di bruciare una biblioteca che conteneva antichi e preziosi manoscritti. Naturalmente la religione non c'entra nulla. Affermare che queste distruzioni derivano da chissà quali prececetti religiosi, equivale ad offendere non solo l'islam, ma perfino chi legge.

rogo al Centro Ahmed Baba, foto dalla rete

Tra le tante bellezze, nella città di Timbuctu, erano e sono ancora conservati manoscritti (non solo religiosi) risalenti perfino al XIII secolo. Molti dei manoscritti (si parla di oltre 700 mila pezzi) sono custoditi da famiglie facoltose che negli anni hanno conservato e tutelato questi patrimoni della cultura e della storia. Quelli bruciati nel Centro di Documentazione Ahmed Baba (nell'edificio inaugurato nel gennaio 2009) erano - paradossalemente - quelli donati alla collettività e resi consultabili anche grazie ad un grande progetto finanziato e messo in opera dal Sudafrica.  
La questione è complessa (vedi post). Sin dal giugno 2012, quando le milizie "islamiche" avevano occupato Timbuctu, si erano contraddistinte per l'assurda follia di distruggere tombe e moschee, ritenuti Patrimonio dell'Umanità. Le organizzazioni internazionali erano intervenute minacciando ritorsioni e interventi armati. Sono passati oltre 6 mesi, e l'intervento armato - francese - vi è stato. In questo tempo, le organizzazioni dei tuareg, che da decenni lottano per l'autonomia dell'Azawad avevano stretto malsane alleanze con le milizie estremiste (molte giunte dalla Libia assieme alle armi), armate e determinate.
Dopo gli incendi, oggi si assiste ai saccheggi contro i commercianti arabi colpevoli di aver collaborato con gli estremisti. Il rischio di aver innescato nuove tensioni e conflitti, è alto.
Quello che avviene in Mali, da qualsiasi angolo si guarda è l'ennesima conferma del fallimento delle politiche internazionali (nel Mali soprattutto quelle francesi) che hanno consegnato nelle mani degli estremisti le ale più moderate e laiche dei movimenti autonomisti e indipendentisti. I tuareg del nord, nel Mali come altrove, sono stati per decenni emarginati e repressi. Il risultato è oggi sotto gli occhi di tutti.
Resta il fatto, che deve essere sancito senza incertezze e timori, che i criminali culturali vanno isolati e perseguiti senza indugi dalla Corte Internazionale di Giustizia, smontandone qualsivoglia giustificazione di tipo politico e religioso. Chi distrugge il patrimonio artistico, religioso e culturale non può che essere catalogato tra coloro i quali compiono crimini contro l'umanità e per tali ragioni debbono essere giudicati.

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