AVVERTENZE: è inevitabile che la visione del film venga influenzata da Girls.
L'opera prima di Lena Dunham ha, per spettatori della seconda ora come me, la sensazione di essere una lunga puntata della serie ormai cult.
Il motivo? Non solo perché oltre alla Dunham anche altri personaggi sono presenti in entrambe le produzioni (Jemima Kirke e Alex Karpovsky), né per quell'aria e quello stile indie che impregna ogni scena, ma perché la storia è proprio quella poi riproposta -in chiave migliore, bisogna ammetterlo- per il piccolo schermo.
Aura(/Hannah/Lena) è infatti una figlia un po' viziata, tornata a casa dopo la laurea e alla ricerca del suo posto nel mondo. La madre artista di alto livello e la sorella -magra e con la strada che sembra già spianata davanti a lei- non aiutano la situazione, e tra litigi, party e ricerche di lavoro, Aura non farà che ripetere che sì. si è appena laureata e deve "figure out" cosa fare ora e che sta passando un momento davvero davvero difficile.
L'incontro con l'amica d'infanzia particolarmente sopra le righe -il cui personaggio verrà poi ripreso per Jenna- la spinge ad accettare un lavoro temporaneo dove finirà per invaghirsi di un giovane ma squinternato chef, mentre una star di youtube approfitta della sua ospitalità stabilendosi nel loft di famiglia senza sembrare attratto da lei quanto vorrebbe.
La trama è però chiusa in se stessa, non sono i fatti o i momenti chiave a segnare il film, che come una lunga puntata di Girls punta sulla personalità dei suoi protagonisti, analizzandola attraverso l'ambiente e l'atteggiamento che occupano.
Tiny Furniture (il cui titolo richiama i soggetti delle fotografie della madre-artista) diventa così una pellicola generazionale che riesce a rendere bene il disorientamento dei post laureati, la sensazione di sbando e di impotenza conditi con l'immancabile ironia e mancanza di pudore di cui la Dunham avrà modo di abituarci (ah, da segnalare che all'epoca il suo fisico era lontano da quello di Hannah, il chè fa parecchio strano). Il finale lascia abbastanza sconcertati, essendo un film che gira su stesso la conclusione e a dir poco inconcludente e spreca la possibilità di trovare una via d'uscita più significativa.
Su tutto primeggia però lo stile del film. Con quella fotografia nitida e simmetrica molto ma molto indie-Sundance-stile, quella ricerca di eleganza e di originalità e di colori perfettamente mixati che sono una gioia per gli occhi per chi adora questo genere. Per chi invece da sempre lo denigra, bè, probabilmente lo odierà.
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