Quando lo vedi per la prima volta non lo fai dal vivo, ma online.
L'esemplare di cui sto per parlare, infatti, non cresce spontaneo, è selvatico quanto un cucciolo di barboncino con le meches e le zampine depilate e viene coltivato in serre esclusivamente virtuali.
L'Aloe Vera, d'ora innanzi, per semplicità anche "A.O.", prolifera sui siti di dating quanto la gramigna fa nei campi di grano: con una pic accattivante, ancorché magari datata o liftata o photoshoppata, e due-tre righe tra il misterioso e l'insignificante nel profilo, si registra su ogni nuovo portale dedicato all'accoppiamento social (senza la E) e - non appena si registra - parte in caccia.
Per nutrirsi (l'ego, o le mutande, fa lo stesso), manda messaggini, stelline, incantesimi, match, cuoricini, bacetti e affini a una pluralità di femmine con la solerzia del ragioniere e la velocità del furetto. Il principio alla base del suo dispendio energetico è semplice matematica: per la legge dei grandi numeri, a più fighe la chiede e più si alza la possibilità che qualcuna gliela dia.
L'approccio, da faiga a faiga, cambia poco (o quasi nulla).
Il maschio A.O. lancia l'esca. Una o più femmine rispondono e parte l'attacco. Con la conseguente proposta di contatto via WhatsApp.
Una volta cambiato il terreno di caccia, l'A.O. si spertica donando tutto se stesso e sprecando un buon 90% delle battute in repertorio.
Se la femmina poi decide di passare ai fatti, e di incontrarlo, l'A.O. è fottuto.
E forse lo sa. Ma già che c'è, ci prova lo stesso, sperando magari di trovarsi di fronte a una femmina Betulla, o a una Fiordaliso così disperata (o affamata, è uguale) da limitare la vagonata di due di picche che porterebbe a casa da una Margherita qualsiasi (e non necessariamente Hack).
Credits:
"Il dating online: l'inchiesta continua."Edizione 2014 (realizzata con lo straordinario supporto di due volontarie: S1 e S2).
A cura di WUM, loggata come
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