Tiziano

Creato il 09 marzo 2013 da Artesplorando @artesplorando

Tiziano, Flora

Pieve di Cadore (Belluno), 1488 1490 - Venezia, 1576
Ma fra tutti risplende come sole fra piccole stelle Tiziano, non solo fra gli italiani, ma fra tutti i pittori del mondo, tanto nelle figure quanto nei paesi, aguagliandosi ad Apelle, il quale fu il primo inventore dei tuoni, delle piogge, dei venti, del sole, dei folgori e delle tempeste. E spezialmente esso Tiziano ha colorito con vaghissima maniera i monti, i piani, gli arbori, i boschi, le ombre, le luci e le inondazioni del mare e dei fiumi, i terremoti, i sassi, gli animali e tutto il resto che appartiene ai paesi. E nelle carni ha avuto tanta venustà e grazia, con quelle sue mischie e tinte, che paiono vere e vive, e principalmente le grassezze e le tenerezze che naturalmente in lui si vedono. La medesima felicità ha dimostro nel dar i colori ai panni di seta, di velluto e di broccato, alle corazze diverse, agli scudi e ai giacchi e ad altre simili cose.
G. P. Lomazzo, Idea del tempio della pittura, 1590

Tiziano, Venere di Urbino

La sua educazione artistica inizia a Venezia presso la bottega dei Bellini (Gentile e poi Giovanni). Tra il 1508 e il 1509, come pittore autonomo, dipinge accanto a Giorgione le facciate del Fondaco dei Tedeschi. Intorno al 1510 è già un artista affermato e riceve commissioni per importanti pale d’altare. Ma solo con la morte di Giorgione e la partenza di Sebastiano Del Piombo per Roma, cominciò l'incontrastato regno di Tiziano. In una manciata di anni, memore degli insegnamenti dell'anziano Bellini ma nutrito dalla propria ambizione, l'artista consolidò il suo potere contrattuale e la sua fama rimbalzò da Venezia alle corti italiane più raffinate dell'epoca: D'Este, Gonzaga, Della Rovere. Frequentò Carlo V e Filippo II, venne trattato con tutti gli onori, strinse rapporti con i Farnese che lo condussero in Vaticano, nelle stanze di papa Paolo III. Fu un principe tra i principi, quel giovane di ottima famiglia che aveva dalla sua un carattere di ferro e una capacità imprenditoriale: guadagnò moltissimo e investì altrettanto, commerciando in legnami (era nato intorno al 1488-1490 tra le montagne del Cadore) e, in società col fratello, gestì le segherie lungo il Piave. Pur avendo messo su floride botteghe con una schiera di parenti e apprendisti che le facevano funzionare come aziende, la sua arte finì con lui. Non allevò schiere di pittori e non ebbe rivali nel corso della sua vita: celebre l'aneddoto, mai documentato, che racconta di una cacciata dalla bottega del ragazzino Tintoretto, troppo bravo per poter rimanere lì a far ombra al maestro. Dalla metà degli anni Quaranta l’artista compie una svolta nella sua arte elaborando composizioni sempre più drammatiche e, suggestionato dal manierismo romano, dilatando plasticamente le figure. Progressivamente l’uso del colore si fa più libero e sciolto giungendo a una stesura attuata per brevi tocchi di pennello (Coronazione di spine di Monaco, 1570-1576; Supplizio di Marsia di Kromeríz, 1570-1576), alle soglie del non finito.

Tiziano, il supplizio di Marsia

Morì, ultraottantenne, nel 1576 mentre a Venezia infuriava la peste, ma non a causa dell'epidemia. La fine lo colse al lavoro: stava dipingendo e lasciò incompiuta a casa una Pietà, un ex voto gigantesco, amuleto contro la malattia. Impossibile da emulare o superare con i suoi stessi pennelli, l'uso spavaldo del colore, l'impianto emozionale delle sue macchine teatrali, la fase terminale con il disfacimento della figura e l'accentuarsi della notte che ingoia luce e corpi, Tiziano ebbe in sorte un destino eccentrico: fu lui, decenni dopo, ad accendere la tavolozza di Velázquez e poi di Goya, e nel suo nome vennero sconvolte le regole accademiche dalla cerchia degli impressionisti o da un outsider come Francis Bacon.  Semplicemente una colonna portante dell'arte italiana.

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