Lo vedo dalla vetrata del bar. È già seduto al bancone con il suo giornale in mano e il caffè davanti. Guardo l’orologio: non ho tempo di andare altrove, per la miseria. Mi rassegno ed entro. Chissà cosa mi propinerà stamattina.
Appena mi vede, come se avesse gli occhi dietro la testa, mi saluta e mi invita ad avvicinarmi. Mi tocca, non ho via d’uscita.
Forse un po’ idilliaco, però…
«Ehilà!», esclama gongolante.
Cazzo, è lunedì, abbi pietà di me, penso. «Ciao.»
«Hai letto?»
«Sì, un po’. E tu?»
«Dai, sai di cosa parlo.»
«Se avessi poteri del genere, credo che comprerei il Gratta e Vinci giusto questa mattina stessa.»
«Non ho capito.»
«Fa lo stesso.»
Non avevo dubbi che non capisse…
«Allora, ieri ho letto un articolo su (nome di giornale) on line.»
«Bravo, ti sei dato al digitale.»
«Mah, l’ho visto condiviso su (nome di social network) ed ero curioso di capire.»
«Una buona cosa. Bravo.»
«Grazie.» Non afferra il sarcasmo della mia frase.
«Dunque?»
«Era un articolo sul… coso, lì, il lavorare a casa.»
«Allora lo hai visto condiviso da me. Comunque parli del telelavoro, nel caso specifico la sua variazione in smartwork.»
«Ecco, quello. Che cazzata…»
Vorrei uscire. Vorrei che qualche forza superiore mi obbligasse a mollare qui. Vorrei essere più forte e non continuare la discussione ma non ce la faccio.
«Eccolo… sentiamo.»
«Insomma, come si fa a lavorare da casa, scusa? Se sei a casa non fai un cazzo e provochi danni all’azienda.»
«Ma scusa, se io devo consegnare il lavoro X entro le 17, lo devo fare, no?»
«Sì, ma nel frattempo cazzeggi, ti perdi, guardi la tv, sonnecchi sul divano.»
«E allora? La vuoi per le 17? Se la faccio entro le 12 e poi mi faccio gli affari miei, qual è il problema?»
«Che l’azienda ti paga per le ore…»
«Non diciamo eresie adesso. Nessuno viene più pagato a ore, tant’è che spesso stai sul posto di lavoro anche 9 o 10 ore in cui gli straordinari non valgono, solo perché il resto della giornata lo hai passato davanti alla macchinetta del caffè o su internet a guardare le foto dei cani e gatti postate dagli amici.»
Finirebbero anche i contratti che ti proibiscono di diventare madre!
«Sì, però con il capo che controlla lavori seriamente e di più.»
«Certo, quando il capo non è lui stesso sui social a parlare con la donnina…»
«E poi, dai, come fa un elettricista a lavorare da casa? O un tornitore…»
«Ma stai scherzando? Lo smartwork sarebbe solo per i lavori di ufficio.»
«A volte però serve il confronto e la presenza fisica.»
«E vai in azienda. Basta organizzarsi. Oppure per una riunione si apre una condivisione via Skype. Non ci vuole un genio.»
«Sì, però manca il contatto umano.»
«Dai, chi va d’accordo con i colleghi? La maggior parte della gente non li sopporta, e passa il tempo a farsi gli sgambetti l’uno con l’altro. La gente vuole socializzare con le persone a loro congeniali, non con quelle che ci toccano per destino.»
Lo vedo rimuginare. Ha ancora qualche asso nella manica?
«Però sarebbe un bel costo per l’azienda montarti un pc a casa e…»
«Senti, ma tu non ce l’hai un pc?»
«Sì, ma è il mio.»
«E allora? Il software aziendale che ti collega in remoto con l’azienda lo puoi chiudere, e la stessa può accedere solo a quello per rispetto della tua privacy. Fine.»
«Va bene, però la linea adsl la pago io e la corrente anche.»
«La benzina e l’auto invece sono gratis, eh?»
«Però…»
«Senti, sai quanto costa a un’azienda avere un ufficio aperto con dentro dei dipendenti? Affitto di una superficie vivibile di dimensioni notevoli, riscaldamento, assicurazione degli impiegati, illuminazione, acqua dei servizi. Questi sono solo alcuni costi. Non risparmierebbe anche l’azienda?»
«Sì, ma i documenti cartacei?»
«Stampa in condivisione non ti dice nulla, vero?»
«Non mi sembra…»
«Okay, ora capisco molte cose…»