Sul lavoro, sappiamo già che ci aspetta il Jobs Act, tanto pubblicizzato ad inizio anno, ma sono tante le incognite, cui il progetto deve andare incontro. Prima di tutto, la figura del nuovo Ministro del Lavoro (ad oggi, ancora non si hanno nomi precisi, solo ipotesi): caduto Giovannini, insieme a Letta, chi siederà su una delle poltrone più importanti – e più scottanti, dato il momento di crisi – del Paese? Le linee guida della nuova riforma del lavoro sono già pronte, ma, ovviamente, spetterà al nuovo ministro mettere i puntini sulle i ed affrontare i problemi lasciati in sospeso dai suoi predecessori: che idee porterà? Cercherà un approccio personale o si limiterà ad essere uno yesman del rottamatore?
Non dimentichiamo, inoltre, che questo governo non sarà unicamente una creatura renziana, ma si tratta di un esecutivo di larghe intese, che comprende anche il centrodestra degli alfaniani, che in tema di lavoro hanno già un loro progetto; per non parlare, poi, delle mine vaganti Berlusconi – sempre che a lui interessi qualcosa, della riforma del lavoro – e Movimento 5 Stelle – che, invece, in materia, ha cercato di dire qualcosa, ma senza arrivare ancora a nulla di concreto. Ammesso e non concesso, quindi, che la base di partenza per la nuova riforma del lavoro sarà proprio il Jobs Act, quali sfide dovranno affrontare Renzi e il suo nuovo Ministro del Lavoro?
1. Il contratto unico – E' assolutamente vero che, l'eccessiva quantità di contratti atipici in uso è uno dei mali che ha generato il precariato, ma il contratto unico a tutele crescenti (nella sua forma preferita, quella dell'apprendistato) è un rischio per la situazione attuale in cui versa il mercato del lavoro italiano, troppo complesso per soluzioni semplicistiche, sia per le necessità delle aziende, sia per quelle dei lavoratori. Certo, l'idea di Renzi è quella di introdurre l'apprendistato come primo canale d'ingresso in azienda e di ridurre gli altri a poche fattispecie, per evitare l'abuso che ne è stato fatto fino ad oggi: nè più nè meno, quello che aveva in mente la Fornero, con i risultati disastrosi che abbiamo visto. Il sindaco di Firenze saprà fare di meglio?
2. La riforma dei Centri per l'Impiego – E' uno dei cardini del Jobs Act: i nuovi Centri dovranno essere luoghi d'incontro tra domanda e offerta di lavoro e di diffusione della formazione continua. C'è, però, un problema non da poco: i privati. Dall'introduzione della legge Biagi in poi, le Agenzia per il Lavoro private hanno operato in regime di quasi monopolio, relegando i Centri per l'Impiego ai margini del mercato. Sia la domanda che l'offerta di lavoro, così come anche una grossa fetta di formazione, passano per le loro mani, siamo sicuri che accetteranno passivamente di dividere il palcoscenico con un altro attore – lo Stato -, che pareva ormai relegato dietro le quinte?
3. Il sussidio universale – E' la versione renziana del reddito minimo: una forma di sostegno al reddito che dovrebbe attutire il precariato, permettendo, ai lavoratori atipici, di tirare avanti, tra un contratto e l'altro. L'emanazione dell'assegno sarà legata, però, ad alcune condizioni: ricerca attiva di un posto di lavoro e partecipazione a corsi di formazione professionalizzanti, il tutto sotto l'occhio vigile dei nuovi Centri per l'Impiego. Qui la grana è la più grossa di tutte: i fondi. Un sistema del genere ha bisogno, per funzionare al meglio, di finanziamenti enormi e continui, non solo per il sussidio in sè; dove troverà i soldi il neo Premier? L'Italia è maestra nello spendere tanto e male i fondi pubblici, per non parlare, poi, di quelli che non spende affatto – come i soldi della comunità europea -, a causa di pessima amministrazione e menefreghismo della politica, mentre i conti pubblici sono sempre più con l'acqua alla gola.
Insomma, Renzi non ha ancora messo le mani sul Governo, che già i problemi da affrontare sono tanti; problemi, per cui non bastano bei discorsi, bei progetti e belle promesse: servono fatti e subito. Questa sarà la vera sfida, che il rottamatore dovrà superare, soprattutto per il bene del Paese. Ne sarà capace?
Danilo