Don Gaetano (Marcello Mastroianni) al Presidente (Gian Maria Volontè) durante la prima cena dell'incontro spirituale
Film del 1975 con Gian Maria Volonté, Marcello Mastroianni, Mariangela Melato, Ciccio Ingrassia, Renato Salvatori, Franco Citti. Regia di Elio Petri.
In una imprecisata località italiana si svolge un convegno spirituale della durata di 3 giorni. I lavori vengono diretti da un gesuita, don Gaetano (Mastroianni), e vedono la partecipazione di un centinaio di persone tra politici, imprenditori, alti magistrati, manager di aziende pubbliche. Tra tutti spicca la presenza del cosiddetto Presidente (Volonté), figura mediatrice rispetto alle varie correnti che caratterizzano la "famiglia" democristiana. Il Presidente è il primo ad arrivare al convegno, seguito dagli altri gerarchi. Pare che all'ultimo momento arrivi anche Lui (Michel Piccoli), ovvero il leader democristiano leggermente gobbo da più di 30 anni ai vertici dello stato.
L'atmosfera è plumbea non solo perché l'incontro si svolge sotto terra, in una sorta di bunker-catacomba (capace di inglobare locali, chiesa, e pure i resti di alcuni martiri), ma anche per il fatto che il Paese è sconvolto da una misteriosa epidemia. Le strade sono del tutto sgombre e la macchina che porta "Il Presidente" al convegno non incontra alcun intoppo.
La figura di don Gaetano è assai simile a quella di un inquisitore seicentesco: un impasto di fanatica devozione, spregiudicatezza, fiuto politico senza mancare di qualche pulsione sessuale non meglio precisata.
Il Presidente è il temporeggiatore, il mediatore instancabile, l'uomo che tiene assieme le diverse anime della DC, il punto di riferimento per tutti. Apparentemente umile, nel senso cristiano del termine, è in realtà animato da una sete di potere e di ambizione sconfinata che non lo differenzia molto dai suoi peggiori colleghi di partito.
All'interno del convegno, non a caso, Il Presidente ha potuto chissà come far giungere la moglie Giacinta (Mariangela Melato): donna arrendevole rispetto al già mite marito ma allo stesso tempo piena di desideri (anche in senso politico). La donna sogna per lui il settennato (ovvero la presidenza della repubblica) o addirittura un ruolo alla Cavour o alla Garibaldi (di padre nobile della Patria).
Il Presidente, però, è sfibrato da questo suo continuo tentativo di ricercare il compromesso. E' conscio della propria incapacità di tenere il punto e di prendere decisioni politicamente impegnative. E' l'uomo dalle mille erezioni mancate, come confesserà allo stesso don Gaetano.
Sono numerosi gli incontri tra Il Presidente e la moglie, nella stanza a loro adibita. I due provano una forte attrazione fisica ma sono frenati dallo stato di contrizione che necessariamente il luogo richiede. Decidono quindi di lasciarsi andare ad una preghiera che si trasforma in una sorta di orgasmo mancato (secondo il film alla gesuitica maniera). Durante una di queste preghiere si fa vivo Voltrano, che richiede l'aiuto del presidente per bonificare la DC. Il Presidente come al solito temporeggia, non dice né sì né no, ma viene ricattato da Voltrano che nasconde una serie di prove compromettenti a suo carico (un dossieraggio, con tanto di foto e documenti).
Il dott. Scalambro è in balia dei volponi democristiani e ben presto finisce per non capirci più nulla. Si parte col tentativo di ricostruire la dinamica del delitto ma non si giunge ad alcuna conclusione degna di nota, grazie anche all'abilità "mediatrice" del Presidente. Intanto dalla sede centrale del partito giungono indicazioni su come comportarsi con la magistratura ("collaborare ma non troppo") e si ribadisce la fiducia a tutti i presenti.
Non c'è dunque da sorprendersi se su questo film di Petri sia calata una spietata censura che sostanzialmente dura fino ai nostri giorni (considerando la perenne attualità dei temi trattati). Trasmesso pochissime volte in televisione, è praticamente introvabile. La copia originale venne data a fuoco all'interno degli archivi di Cinecittà e ritirato dalle sale cinematografiche pochi giorni di programmazione. Il film segna tendenzialmente il declino del cinema politico italiano che proprio in Petri aveva trovato uno dei suoi massimi punti di riferimento.
In tempi di compromesso storico nascente (siamo nel 1975), in un periodo di crisi per la DC sotto il profilo elettorale, in un contesto nel quale il PCI sembrava finalmente vicino ad essere ammesso nella stanza dei bocconi non c'è da stupirsi della ostilità, della freddezza (per non dire ostilità aperta), manifestata a sinistra e a destra nei confronti dell'opera cinematografica di Petri (già era stata fortemente contestata ai tempi de La classe operaia va in paradiso). Un regista considerato improponibile a destra ed eretico a sinistra.
Il Presidente, interpretato magnificamente e grottescamente da Gian Maria Volonté, è chiaramente ispirato alla figura di Aldo Moro (nel film mai esplicitamente nominato per non incorrere in problemi di censura). Si racconta, anzi, che i primi giorni di "girato" fossero stati letteralmente buttati a causa della imbarazzante somiglianza col politico democristiano. Volonté ebbe modo di studiare Moro riproducendone sapientamente i tic, i movimenti, la cadenza. Del grottesco, in questo film, se ne fa uso a piene mani essendo forse l'unica possibilità di fare in modo che nell'Italia del 1975 la pellicola potesse essere proiettata nei cinema.
Splendido il personaggio di Ingrassia, Voltrano, una sorta di Savonarola pieno di timor di Dio che vorrebbe salvare e riformare la Diccì dai "ladri" ma che forse non è esente, nemmeno lui, da qualche peccatuccio in tal senso (d'altronde il potere corrompe). Ingrassia dimostra di essere un grande attore e naturalmente sono del tutto leciti i rimpianti di non averlo visto spesso in ruoli diversi rispetto agli "abituali" per i quali è giustamente conosciuto.
Mariangela Melato è l'unica donna del film. Piena di ambizioni e di pulsioni sessuali (allo stesso tempo disperatamente portata alla contrizione) sogna per il suo marito e figlio il potere: il ruolo di padre della Patria, accanto ai vari Cavour e Garibaldi.
Renato Salvatori fa il ruolo dell'ingenuo giudice Scalambri e naturalmente finirà morto anche lui per mano del misterioso assassino. Parte di maggiordomo-killer per Franco Citti, impeccabile nel portamento, sinistro nell'aspetto, e praticamente muto per tutto il film.
Musica di Ennio Morricone, film assolutamente imperdibile.
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