Tokyo fist (東京フィスト – Tokyo Fist)

Creato il 08 marzo 2012 da Makoto @makotoster

  Speciale Tsukamoto Shinya
La X edizione dell’Asian Film Festival di Reggio Emilia (16-24 marzo 2012) dedica la retrospettiva a Tsukamoto Shin'ya, che sarà presente al Festival e riceverà un premio alla carriera. In occasione di tale importante evento, Sonatine pubblica le schede critiche di tutti i film di Tsukamoto, che andranno a configurare uno Speciale Tsukamoto sempre consultabile online.
Tokyo fist (東京フィスト– Tokyo Fist). Regia, soggetto, fotografia, scenografia e montaggio:Tsukamoto Shin’ya. Sceneggiatura: Tsukamoto Shin’ya, Saito Hisashi.Musica: Ishikawa Chū. Effetti Speciali: Fukaya Akira, Ōda Takashi, SagaeHiroshi. Trucco: Sasaki Kaori. Suono: Shibazaki Kenji. Interpretie personaggi: Tsukamoto Shin’ya (Yoshiharu Tsuda), Tsukamoto Kōji (TakujiKojima), Fujii Kaori (Hizuru), Musaka Naomasa (Haze), Takenaka Naoto (Ohizumi),Taguchi Tomorowo (il maestro di tatuaggi), Kanaoka Nobu (l’infermiera), WajimaKōichi (Shirota). Produttori:Tsukamoto Shin’ya, Joo Kiyo. Produzione: Kaijyu Theatre. Durata: 87’. Uscita nelle salegiapponesi: 21 ottobre 1995.
Yoshiharu Tsuda è un anonimo agente assicurativo che vive un’esistenza diroutine assieme alla sua fidanzata Hizuru, in un moderno appartamento di Tokyo.Un giorno Tsuda incontra casualmente Kojima, suo vecchio compagno di liceo edora pugile professionista, ma cerca di evitarlo in tutti i modi. Quando Kojimafarà la conoscenza di Hizuru, ed il passato che lo lega a Tsuda verrà a galla,la rabbia di quest’ultimo esploderà, facendo emergere quelle emozioni epulsioni da tempo sopite ed ingabbiate nella quotidianità della vita moderna.
Dopo Tetsuo II – Body Hammer, Tsukamoto persegue, approfondendola, la relazionetra la moderna metropoli di Tokyo e l’essere umano, forse anche stimolato dacerte osservazione della critica più attenta. Tokyo Fist è una tappafondamentale nella filmografia del regista, a partire dalla rappresentazionedella totale sottomissione ed abnegazione dell’uomo nei confronti dell’apparatodel progresso sociale e tecnologico, come inevitabile “evoluzione” di unaspecie che regredisce allo stato di automa. Tsuda si muove in una città freddae austera, marziale e geometrica, popolata da una massa anonima di individuiincuranti del prossimo. La vita è scandita ogni giorno dalle medesime azioni emessa in scena da un montaggio serrato e ritmico, che si aggrappa allemartellanti e dirompenti composizioni del fedele Ichikawa Chū. La vita di Tsudae Hizuru appare segnata dalla più totale apatia, come dicono le scene in cui idue siedono in silenzio e privi di espressione davanti al televisore, immersiin fredde luci blu al neon e squadrati dalle linee rette del monocromaticoappartamento in cui risiedono. La loro sembra essere una vita da automi, privaanche di ogni desiderio sessuale, al punto da non ricordare più nemmenol’ultima volta che hanno fatto l’amore.
L’arrivo di Kojima, e il suo subdolo insinuarsi nella vita delle coppia, èl’elemento destinato a rompere questo apatico equilibrio. Come in Tetsuo 2, siriprende così il motivo del triangolo amoroso, amplificandone edapprofondendone i contenuti. Dal momento della comparsa del pugile, leintenzioni di Tsukamoto si palesano con evidenza: Kojima è vita, movimento,rabbia e calore, Tsuda, invece, è freddezza, apatia e impotenza. I due siconoscono dai tempi delle scuole superiori quando avevano condiviso una tragicaesperienza: l’omicidio di una loro amica da parte di alcuni vandali. Fu proprioquel fatto che aveva spinto Kojima ad iscriversi in una palestra, mentre Tsudaaveva preferito nascondersi nelle retrovie del mondo impiegatizio. Ilpersonaggio di Kojima è da subito tratteggiato da ben precise sceltecromatiche, come testimoniano i filtri rossi – comunicanti impeto e vitalità –che Tsukamoto usa per ritrarlo all’interno della sua vecchia e fatiscenteabitazione: vissuta, sporca, disordinata, obsoleta e circondata da unamodernità sempre più fagocitante. Il fine del suo nuovo incontro con Tsuda èquello di ridare vita al suo vecchio amico, tramortito dalla vita di oblio checonduce ormai da troppi anni. È qui che entra in gioco la terza parte del triangolo:Hizuru. Kojima decide, infatti, di destare la rabbia di Yoshiharu, propriomediante la gelosia per Hizuru, provocando così il suo odio e dando vita a unoscontro che attraverserà tutto il film. Tsukamoto sembra voler provocare ilsentimento di orgoglio maschile dello spettatore, quando mostra le diversedisfatte subite dal gracile Tsuda nei confronti di Kojima: tanto mite e inermeè il primo, quanto atletico, sfacciato e sicuro di sé è il secondo. La débâcledi Tsuda assumerà poi una dimensione quasi grottesca, e deprimente per lostesso Tsuda, quando si scoprirà che Kojima non è che un dilettante nel mondodella boxe nazionale.
Dei tre personaggi del triangolo, Hizuru è indubbiamente quello più forte.Anche lei tuttavia è toccata dall’arrivo di Kojima, dal momento che,improvvisamente, inizierà a praticare sul proprio corpo il body piercing. Siaper Hizuru, sia per Tsuda, l’incontro con Kojima significherà una riscopertadel proprio corpo, che passerà attraverso un rigeneratore e necessario dolore fisico,quello degli oggetti acuminati che penetrano la pelle, in un caso, quello deicolpi subiti, nell’altro. Il viaggio di Tsuda sarà, più di quello di Hizuru, unviaggio irto di difficoltà. Quando, ad esempio, indossa per la prima volta iguantoni, non riuscirà a boxare, perché spasmi di nausea gli impediranno dimuoversi. Sono le stesse sensazioni che aveva già provato in strada, quando siera imbattuto in un gatto in decomposizione. Superate queste difficoltà, Tsudariuscirà ad appropriarsi della sua vitalità corporea, liberandosi daquell’intorpidimento fisico e mentale che lo aveva imprigionato, attraverso unestenuante esercizio, che lo porterà anche a ignorare tutta una serie diconvenzioni sociali ( si dimenticherà di pagare l’affitto, ignorerà l’esito dialcuni esami clinici, non si preoccuperà del suo volto livido mentre si aggirain ufficio). Lo scontro finale con Kojima gli costerà un occhio, ma gli faràacquistare una coscienza di sé che lo eleverà dalla silente e inespressivamassa che lo circonda. Con Tokyo Fist, Tsukamoto porta davvero a compimento unaspetto chiave del suo cinema: l’idea che la maturazione e la realizzazione diun individuo debbano passare attraverso la sofferenza e il dolore. [FabioRainelli].


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