Tomboy

Da Lo Sciame Inquieto
La storia raccontata in questo film è davvero molto semplice, direi quasi minimale. Ma niente affatto povera di contenuti.
Laure (Zoé Héran), una bambina di circa 10 anni, si trasferisce con la famiglia (i genitori e la sorella più piccola) in una nuova casa durante l’ultimo scorcio d’estate. Prima che la scuola ricominci fa amicizia con gli altri bambini del quartiere, e - un po’ per caso un po’ per gioco - si finge maschio e si presenta a tutti come Michael.
Il gioco tiene e Laure/Michael viene accolta nella comunità dei ragazzini del quartiere ed ammessa a giocare a calcio, a fare la lotta e a partecipare a tutti i giochi dei maschi.
La bugia, che di fatto corrisponde a un desiderio profondo della bambina, produce una serie di eventi concatenati: dall’amicizia speciale con Lisa (Jeanne Disson) al coinvolgimento della sorella (che a sua volta per caso scopre la finzione di Laure), alle soluzioni sempre più industriose adottate per non far emergere la verità, infine all’impossibilità di mantenere il segreto quando ormai la scuola sta per iniziare.
Il tema dell’identità (non solo sessuale) e della crescita, del condizionamento culturale sui rapporti di genere nella nostra società, delle dinamiche familiari sono trattati da Céline Sciamma con una delicatezza e una tenerezza che stringono il cuore e commuovono.
Non c’è violenza, non morbosità, solo una bambina come tante altre, con un rapporto tenerissimo con sua sorella (le scene in cui le due bambine sono insieme sono tra le più belle del film), con due genitori moderni, affettuosi e di buon senso, una bambina che si trova di fronte alla difficoltà di collocarsi naturalmente, ma in modo non convenzionale nel microcosmo sociale cui appartiene.
Il dramma della scoperta dell’inganno produce vergogna, lacerazioni e tristezza, ma di fatto non cambia i rapporti tra le persone, semmai fa prendere coscienza del fatto che gli affetti e i comportamenti sono fortemente condizionati – fin dall’infanzia - dalla valutazione razionale e da un’idea di identità che è prima di tutto sociale o culturale e che ci viene trasmessa fin da piccoli, ma che proprio i più piccoli nella loro ingenuità e superiorità pre-culturale sono in grado di superare con altrettanta facilità.
Céline Sciamma aveva già dimostrato – con la sua opera prima Water lilies (Naissance des pieuvres) - di saper parlare con profondità e delicatezza della formazione della propria identità nel momento difficile che va dall’infanzia all’adolescenza. Qui conferma il suo talento nel dirigere attori giovanissimi e nel rappresentarli con grande veridicità al centro di un mondo guardato con i loro occhi semplici, ma al contempo capaci di andare al di là di quella gabbia di norme sociali che il mondo adulto si è costruito attorno.

Voto: 4/5


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