Tonino Guerra, l’eclettismo di un poeta

Creato il 21 marzo 2012 da Af68 @AntonioFalcone1

E’ morto questa mattina nel suo paese natale, Santarcangelo di Romagna, Tonino Guerra, poeta prestato al cinema, cui ha regalato soggetti intrisi di rara elegia e coinvolgenti suggestioni, oltre che artista completo, considerando la sua dedizione, per quanto spesso in via alternativa, alla pittura, alla scultura e all’ideazione artistica in genere. Qualche giorno fa (il 16 marzo) era ricorso il suo 92mo compleanno, mentre nel 2010, aveva ottenuto il David di Donatello alla carriera, il quarto dopo i tre conseguiti per la miglior sceneggiatura ((Kaos, Paolo e Vittorio Taviani, ’84, Tre fratelli, Francesco Rosi, ’81, E la nave va, ’83, Federico Fellini), mentre con il regista greco Theo Angelopoulos aveva ottenuto la a Palma d’oro a Cannes nel 1989, per L’eternità e un giorno; fondamentale poi il suo contributo relativamente alla vittoria di Amarcord, Federico Fellini, Oscar come Miglior Film Straniero nel ’74. Con il regista riminese collaborò inoltre per il già citato E la nave va, ’83, e Ginger e Fred.

Appena ventenne, Guerra visse la triste esperienza della deportazione in Germania, nel lager di Troisdorf, dove iniziò a comporre i primi versi in dialetto romagnolo, poesie che troveranno forma definitiva nella raccolta I scarabocc, pubblicata a sue spese nel ’46, con la prefazione di Carlo Bo; maestro elementare, esordisce come narratore nel ’52 con il romanzo breve La storia di Fortunato (Einaudi), anche se sarà la trasferta a Roma a rivelarsi fondamentale per la sua carriera, dove avrà modo di frequentare il pittore Lorenzo Vespignani e conoscere registi come Elio Petri e Giuseppe De Santis, il cui Uomini e lupi, ’57, risulta tra le sue prime sceneggiature, considerando che già nel ’53 aveva avviato una collaborazione con Aglauco Casadio per realizzare un film con Marcello Mastroianni, Un ettaro di cielo, distribuito a partire dal ’56.

Altro momento saliente della sua vita, l’incontro con Michelangelo Antonioni, sul finire degli anni ’50, avviando un forte sodalizio che, a partire da L’avventura, ’59, durerà sino al 2004 (Il filo pericoloso delle cose, episodio del film Eros), escludendo dal novero Professione reporter: eclettismo ed intuito artistico hanno fatto sì che Guerra apportasse il suo indubbio talento creativo alle opere dai contenuti più vari, assecondando, approfondendo e visualizzando, ogni volta con diversa efficacia ed intensità, le idee di registi come Francesco Rosi (Cadaveri eccellenti, ’75) o Andrej Tarkovskij (Nostalghia, ’83), giusto per evidenziare gli estremi della genialità propria di un grande uomo prima che di un grande poeta e scrittore, senza soffermarsi troppo a lungo sul solito freddo elenco delle opere realizzate, che rischiano di sminuirne la figura e la sua portata inventiva.


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