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Top of the Lake la serie di Jane Campion

Creato il 16 giugno 2014 da Tiziana Zita @Cletterarie

a_560x375Un paesaggio incontaminato è abitato da persone cattive. Lo scenario è lo stesso in cui hanno girato Il Signore degli anelli: una natura bellissima e sconfinata con dentro un mondo stretto e soffocante. Ambientata in Nuova Zelanda, scritta e diretta da Jane Campion, Top of the Lake è un misto fra True Detective e Winter’s Bone (Un gelido inverno).
Tui ha 12 anni, è una bella bambina orientale ed è incinta. Tui non sa neanche come quel bambino sia finito nella sua pancia. Siamo Laketop, piccola città della Nuova Zelanda. La detective Robin Griffin, arrivata da Sydney, interroga la bambina e sospetta che si tratti di una violenza in famiglia. Il padre di Tui, Matt Mitcham, è il boss locale che col suo traffico di droga provvede al fabbisogno dell’intera cittadina. Quando la notizia che è incinta diventa di dominio pubblico, Tui scompare.

A questo punto Robin inzia un’indagine per ritrovarla che la porta a confrontarsi con il suo passato e con i fantasmi da cui lei stessa è fuggita.

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Intanto arrivano in questo paradiso – l’incantevole proprietà davanti al lago si chiama proprio così “Paradise” – un gruppo di donne di mezza età al seguito di una santona. Sono donne molto provate dalla vita, che si sono riunite in una specie di comunità di recupero. La santona con i capelli bianchi lunghi (come la madre di Robin e come Jane Campion stessa) è Holly Hunter, la protagonista di Lezioni di piano, vent’anni dopo.

Al gruppo delle donne si contrappone l’orda degli maschi. Il boss locale (anche lui con i capelli lunghi) e i suoi figli non sopportano l’invasione delle donne nel loro “Paradiso”. Gli uomini sembrano vivere all’età della pietra, malgrado producano modernissime metanfetamine. Trattano le donne con la clava, le violentano. Laketop è una realtà isolata in cui sembra che tutto sia possibile, dove la civiltà e le sue regole sono solo un corollario. D’altro canto il gruppo delle donne che arriva dalla civiltà a leccarsi le ferite, “le lesbiche” come le chiama il boss, non offrono un spettacolo migliore. Loro sono scarti della civiltà. Essere molto libere e civilizzate non le ha portate a costruire niente di buono.
Nello scontro fra brutali uomini primordiali ed “evolute” donne pazze non si sa chi è peggio. E allora, qual è il senso di questa contrapposizione? Forse che il gruppo degli uomini e il gruppo delle donne non sono fatti per stare separati a farsi la guerra, ma per vivere insieme e armonizzarsi a vicenda, complementari, amanti.

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Interpretata da Elisabeth Moss, la Peggy Olson di Mad Man, Robin è una protagonista emotiva. Non è bella ma è magnetica e a tratti appare bellissima. E’ come se fosse illuminata da una potente interiorità. La sua presenza nel cast è costata il ritiro del finanziamento di 600 mila dollari della rete ABC perché non erano d’accordo che fosse un’attrice americana a interpretare la protagonista australiana.

Jane Campion ha scritto la serie insieme a Gerard Lee e l’ha co-diretta con Garth Davis. Sono sette episodi – anche se in alcuni paesi è stata trasmessa in un formato di sei – e non ci sarà una seconda stagione. Si tratta di una coproduzione Australia-Nuova Zelanda (UKTV), Regno Unito (BBC Two) e Stati Uniti (Sundance Channel). Era dai tempi di Un angelo alla mia tavola (1990) che Jane Campion non lavorava a una serie per la tv.

Style:
Nel cast, oltre a Elisabeth Moss e Holly Hunter, la santona GJ; ci sono Peter Mullan, il boss Matt Mitchum; David Wenham (Faramir nel Signore degli anelli) capo della polizia locale e Thomas Wright che è Johnno, l’ex fidanzatino di Robin, figlio di Matt.

Anche se è un thriller anomalo e fuori canone, la serie mantiene sempre un interesse. L’attenzione si sposta piuttosto sulla detective e il suo passato.
Top of the Lake (vedi il trailer) è stata acclamata dal pubblico e dalla critica, tuttavia il New York Times ha scritto che contiene il più brutto colpo di scena finale che si sia mai visto. Sono d’accordo. E’ proprio quello che stavo pensando anch’io. La fine è così affrettata che rischia di smontare il forte coinvolgimento drammatico creato fin lì. Sembra che gli autori non siano interessati allo svelamento e glissano proprio sul climax, ovvero sul più bello. Mi chiedo se si tratti d’un errore, o se sia una sorta di snobismo, un modo per restare a tutti i costi fuori dai canoni. Ma la narrativa ha le sue regole che, pur permettendo infinite soluzioni, vanno rispettate se non si vuole che cali l’interesse.

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Forse perché siamo in Nuova Zelanda, ovvero in un gruppo di isole sperdute nel Pacifico, il tema dell’acqua, dell’annegare, è sempre centrale in Jane Campion. Vi ricordate il piano che sprofonda nell’oceano? Qui già nella prima scena, la piccola Tui arriva al lago in bicicletta e poi, tutta vestita, comincia a camminarci dentro.
Cosa c’è sotto la superficie del lago (Laketop)?
Secondo una leggenda maori nel fondo del lago c’è il cuore di un demone che batte.

Top of the Lake, a partire da stasera su Sky Atlantic.


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