Torino Film Festival: le Quindici Perle del Concorso

Creato il 27 novembre 2015 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Un Torino Film Festival ricchissimo, con oltre duecento proiezioni, giunto ormai alla vigilia dell'ultimo giorno di programmazione, con la consueta cerimonia di chiusura al cinema Reposi.

Quindici i film in concorso nella sezione Torino 33.

Cominciamo la nostra carrellata con A Simple Goodbye di Degene Yun: intenso racconto di due generazioni, quello di Shanshan, mandata da ragazzina a studiare in Inghilterra e ritrovatasi a vivere una vita solitaria, fatta di dolorose relazioni virtuali, di cui non riesce a fare a meno; e quella di un padre di mezza età, che ha lasciato da giovane la città natale per trasferirsi a Pechino e ora sta affrontando la morte. La pellicola è incentrata sul delicatissimo tema del rapporto tra genitori e figli nel momento cruciale della fine di un percorso esistenziale, in cui i sentimenti prendono il sopravvento, mescolandosi con i ricordi di un'intera esistenza, i rimpianti e i rimorsi. Un racconto direttamente dettato dall'empatia della regista: "Mi sono trovata a provare quei sentimenti unici che ogni genitore prova verso i propri figli. L'isolamento causato da quei pensieri era così intenso che non bastavano i consueti mezzi di espressione emotiva per parlarne. Oggi in molte famiglie l'amore è sepolto a tal punto che è difficile vederlo dal di fuori".

Il rapporto intergenerazionale è anche al centro del drammatico Coma della cineasta siriana Sara Fattahi: un racconto documentaristico della vita di reclusione portata avanti da tre donne, nonna, mamma e figlia, mentre al di fuori della loro abitazione infuria la guerra. Le scene si susseguono alternandosi tra lunghi silenzi e dialoghi sommessi, da cui traspare la sofferenza per una vita di rinunce da cui il futuro sembra escluso, annebbiato nell'incertezza, condizionato dalla paura. In sottofondo, le voci delle soap opera siriane: uno sguardo alla TV e uno alla Damasco ferita fuori dalla finestra, mentre dentro le quattro mura le giornate scorrono lente, condannando le donne a un'amara agonia.

Inquietudine e suspense gli ingredienti di Coup de chaud di Raphaël Jacoulot: un'estate di caldo anomalo e insopportabile, quella che si abbatte su un villaggio della campagna francese, in cui la canicola opprimente non fa che accrescere tensioni e malcontenti interamente riversati verso il capro espiatorio, Josef, un giovane ragazzo gitano con disturbi comportamentali, accusato di essere la causa di ogni male. Ne viene ritrovato il cadavere, ed ecco innescarsi il meccanismo del thriller cupo, malato, sfruttato abilmente dal regista come atto di denuncia: "Questo episodio singolare, accaduto nella regione in cui sono nato, ha smosso in me qualcosa. Sono stato colpito dal fatto che cittadini né migliori né peggiori di altri, in un momento particolare delle loro vite, abbiano potuto trarre sollievo dalla scomparsa violenta di uno di loro, ritenuto in qualche modo responsabile dei loro mali. Volevo parlare del nostro mondo, della nostra società; una società malata che cerca continuamente dei colpevoli".

Un delicato sguardo sul mondo infantile in God Bless the Child di Robert Machoian e Rodrigo Ojeda-Beck: cinque fratelli di età diverse vengono abbandonati dalla madre, depressa, in fuga dalla realtà, e affidati alle cure della sorella maggiore. Un'intera giornata trascorre così tra fantasie, giochi, avventure: un docu-drama che vuole rappresentare un inno alla vita, alla purezza degli istinti, all'immaginazione e alla tenerezza.

Il mondo infantile è anche al centro di uno dei film italiani in gara, I racconti dell'orso di Samuele Sestrieri e Olmo Amato: una bambina sogna un mondo magico e deserto, dove un monaco meccanico insegue uno strano omino rosso per boschi, laghi e città abbandonate; vagando, i due incontrano un orso di peluche ferito e cercano di salvarlo. Opera prima di due giovanissimi registi, un UFO finanziato col crowdfunding: un film impensabile per il cinema italiano, fantasioso e naïf, capace di unire Maurice Sendak e George Lucas, videogame e fiaba, fantasy e sperimentalismo.

Un bell'omaggio al giornalismo d'inchiesta viene da The Idealist di Christina Rosendahl, ambientato nella Danimarca degli anni '80: mentre indaga su un contenzioso operaio in una remota area della Groenlandia, un giornalista scopre informazioni insabbiate da vent'anni su un incidente nucleare avvenuto nel 1968 vicino alla base militare di Thule, tra i ghiacci polari. Determinazione, coraggio, intelligenza: questi sono gli elementi che animano l'inchiesta di Poul Brink, conducendolo tra archivi di Stato e segreti politici fino a giungere nelle stanze dei più potenti uomini americani e danesi. Opera seconda di una documentarista, un thriller sull'etica, la menzogna e gli ideali, costruito con intelligenza e senso del ritmo. L'uso narrativo dei materiali di repertorio e lo stile teso e classico ricorda le pellicole americane anni '70.

Tutt'altro tono per John From di João Nicolau. È la fresca e leggera storia di Rita, che trascorre le giornate di una calda e lunghissima estate insieme all'amica del cuore Sara, dando libero sfogo ai tipici divertimenti adolescenziali: acconciature da fare e disfare, soprannomi in codice con i quali chiamarsi, e, immancabilmente, l'amore, sentimento che le fa perdere la testa per un fotografo quarantenne che ha appena inaugurato una mostra sulla Melanesia.

L'adolescenza, con i suoi primi amori, è anche protagonista di Keeper di Guillaume Senez: il racconto dell'avventura/disavventura vissuta dai quindicenni Maxime e Mélanie, che scoprono insieme la loro sessualità. Ma Mélanie resta incinta e Maxime dovrà affrontare una decisione difficile, pesante: quella di tenere il bambino. Segue l'inevitabile scontro con le famiglie che determina un susseguirsi di azioni che coinvolgono il pubblico in una storia autentica, fatta di sorrisi e lacrime.

Numerosissimi consensi suscitati tra il pubblico anche da Sopladora de hojas, di Alejandro Iglesias Mendizábal: tre amici e la missione speciale di ritrovare alcune chiavi perse sotto un mucchio di foglie in un parco. Una situazione di partenza apparentemente semplice, ma per Lucas, Emilio e Rubén sarà solo l'inizio di una vera e propria odissea che li cambierà per sempre.

La patota di Santiago Mitre è, invece, la storia di Paulina, brillante avvocatessa di ventotto anni, figlia di un giudice progressista, che abbandona una vita agiata e una carriera certa per seguire un progetto umanitario in una regione remota della sua Argentina, finché un avvenimento traumatico non rimette in discussione ogni sua scelta. Ispirato a un classico argentino del 1960 ( La patota di Daniel Tinayre), il ritratto di un personaggio femminile affascinante, ruvido e ostinato. "Una delle sfide che La patota ci pone riguarda il rispetto delle decisioni che non condividiamo. È facile rispettare scelte identiche a quelle che avremmo fatto noi stessi, ma è praticamente impossibile provare a comprendere ciò che riteniamo sbagliato. Perché Paulina prende quella decisione? Cosa sta cercando, e cosa vuole dimostrare?".

Una donna forte è anche la protagonista di Le Loups di Sophie Deraspe: una giovane ricercatrice canadese approda in un villaggio di pescatori del Nord dell'Atlantico, dove assiste al barbaro rituale della caccia alle foche, e prova ad avvicinarsi alla comunità, chiusa e ostile: un viaggio rarefatto ed ermetico alla ricerca di radici, fatto di volti e paesaggi inseriti in un unico, grande enigma.

Mario Balsamo dirige Mia madre fa l'attrice: il regista costruisce il ritratto di sua madre, Silvana Stefanini, che ha alle spalle una breve carriera da attrice negli anni '50. Lui, per amore e per dispetto, le dedica un film-ritratto che è allo stesso tempo lo specchio del loro rapporto e la rievocazione di una vecchia pellicola da lei interpretata ( La barriera della legge di Piero Costa).

The Waiting Room di Igor Drljaca è il racconto di un attore bosniaco a Toronto, con un glorioso passato in patria, che sogna di ritornare in scena, mentre deve affrontare la malattia della ex moglie, la famiglia divisa, il vuoto di senso del dopoguerra. Dramma ellittico e astratto, dallo sguardo rigorosissimo eppure umano e doloroso, con scarti di humour nero e lunghi momenti di intensa malinconia, nei quali il presente e i ricordi della Bosnia s'intrecciano senza soluzione di continuità.

Ritorna la mafia come tematica presente al TFF: Lo scambio, diretto da Salvo Cuccia, è un thriller psicologico, ambientato nella Palermo degli anni '90, in grado di sconvolgere lo spettatore, ribaltandone improvvisamente qualsiasi certezza. Liberamente ispirato ad una storia vera è scritto - tra gli altri - da Alfonso Sabella, magistrato impegnato sul fronte antimafia in Sicilia ed assessore uscente alla legalità del Comune di Roma.

Infine, Colpa di comunismo di Elisabetta Sgarbi: Ana, Elena e Micaela sono tre donne rumene che vivono in Italia da tempo, lavorando come badanti. Quando le prime due perdono il posto, cominciano un viaggio alla ricerca di occupazione tra le Marche e il Polesine. Un'opera in cui troviamo solidarietà, amicizie, ricordi e incroci di tradizioni tra comunità sommerse del nostro Paese, memorie di comunismi e complicità femminili.


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