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L’abile manovra non fermò però la denuncia della vedova Stoker:il regista perse la causa e, condannato a distruggere tutte le copie, ne salvò una, permettendo così al film di sfidare il tempo con il suo fascino magneticamente espressivo; la trama segue con una certa fedeltà il citato romanzo d’origine, a partire dagli stralci di lettere e scritti tratti da un diario ad introdurre e commentare la vicenda, resi attraverso dei cartelli descrittivi, alla pari dei dialoghi.
Una volta concluso il contratto, Hutter ha ormai compreso da una serie di indizi come Orlok sia in realtà Nosferatu, il non morto delle leggende rumene, il vampiro sanguinario descritto in un libro trovato per caso al villaggio, e di esserne vittima. Chiuso in una bara, il conte è in viaggio su di un vascello verso Brema e lo stesso farà Hutter, riuscito a fuggire, via terra.
Max Schreck
Tragici eventi si verificheranno nel corso della traversata e in conseguenza dell’arrivo del triste carico in città, presto sconvolta dalla peste, fino a quando Ellen, appreso dal libro come solo una donna pura di cuore che offrirà il suo sangue a Nosferatu, tenendolo vicino a sé sino al canto del gallo, potrà porre fine ai luttuosi eventi, gli si concederà per tutta la notte.
Manifesto dell’Espressionismo tedesco, Nosferatu, eine Symphonie des Grauens si distacca in parte dalla citata corrente per la scelta messa in atto da Murnau di preferire riprese in esterni in luogo della stilizzazione decorativa propria della ricostruzione in studio. L’asprezza degli scenari naturali, sul cui sfondo si alternano immagini gioiose, come quelle di apertura, ad altre tetre e cupe (le desolate terre attigue al castello del conte), diviene un tutt’uno col dramma prossimo a verificarsi, idoneo a farlo presagire attraverso l’insinuante inquietudine che attraversa luoghi e personaggi, grazie alla forza delle immagini rese da Murnau. Lo si può notare in particolare nel montaggio parallelo che descrive il viaggio verso Brema di Hutter e del conte, o nelle tante inquadrature funzionali alla rappresentazione di un tangibile orrore.
Il Male, personificato dalla figura di Nosferatu, si insinua nel quotidiano della buona società del tempo e ne sconvolge, interrompendole, le consuetudini esistenziali e lavorative, assumendo contorni metafisici nell’incontrare la Conoscenza e la Purezza, entrambe apportatrici di luce, di continuità dello status quo ante (fino a quando?), pur nella tragica, sacrificale, congiunzione di Amore e Morte. Del ’78 è il bel remake di Werner Herzog, Nosferatu, il principe della notte (Nosferatu: Phantom der Nacht) con Klaus Kinski protagonista.