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Mange tes morts di Jean-Charles Hue. Torino 32 (Concorso)
Storia rom di desolazione, abbrutimento, marginalità. Siamo lontani dall’epica fiammeggiante ed esplosiva dei film di Tony Gatlif (tipo il suo ultimo, bellissimo Geronimo), siamo piuttosto dalle parte di un cinéma-vérité ai confini del documento entografico che vuole confondersi con la realtà e la vita, e con l’oggetto rappresentato. Tant’è che parecchi dei personaggi portano i nomi degli attori che li interpretano, e che in parte (immagino) interpretano se stessi. Il fratello maggiore di tre esce di galera dopo 15 anni scontati per aver ammazzato in corso di rapina un poliziotto. Sarà il fratello minore a dirgli di un carico di rame parcheggiato nel posto in cui lui lavora, e subito all’ex galeotto viene l’idea di rubarlo. Del piano fan parte i tre fratelli e un cugino. Ma come tutti i noir insegnano, le cose non andranno esattamente come da previsione. Durissimo, furibondo e bello nella sua prima parte, Mange tes morts (già presentato a Cannes alla Quinzaine) perde quota nella seconda quando incongruamente si trasforma in melodramma criminale. Ma resta uno dei pochi buoni film di un concorso – al momento se ne son visti 11 su 15 – davvero mediocre. Potrebbe vincere. Voto 7
Storm Children, Book 1 (Mga Anak ng Unos, Unang Aklat) di Lav Diaz. TFF DOc – Fuori concorso
Il gran maestro filippino recente vincitore a Locarno del Pardo d’oro stavolta si dà al doumentario e va a filmare le coste del suo paese devastate qualche mese fa dal tifone Yolanda. Esondazioni, tempeste marine che hanno spazzato via interi villaggi sulla costa. Moltissime vittime. Lav Diaz esplora con la sua macchina da presa, e sempre nel suo bianco e nero feticcio, baraccopoli, navi abbandonate, cunicoli sozzi, acquitrini, discariche. E filma i bambini, soprattutto i bambini, che scavano tra i detriti in cerca di qualcosa di utile o da vendere. Che sguazzano nelle pozze. Che lavorano per la famiglia portando acqua e cibo. Non un manifesto indignado, ma la registrazione partecipe e insieme a ciglio asciutto di una sofferenza collettiva. Uno dei migliori Lav Diaz. Voto 8 e mezzo
Anuncian Sismos di Rocio Caliri e Melina Marcow. Torino 32 (Concorso)
Anuncian Sismos
In una piccola città dell’Argentina c’è stata un’epidemia di suicidi adolescenti, lasciando segni che non si cicatrizzano. Genitori e insegnanti cercano di fare quel che possono, si mettono su corsi di musica per i ragazzi ritenuti più a rischio. Il problema è che, come in un altro film già visto in concorso, l’olandese Violet, anche qui si opta per l’antinarrazione, per la rinuncia a una qualsiasi trama o traccia di racconto. Nell’illusione che si è più credibili mimando la realtà anziché ricreandola, i due registi allineano frammenti spesso irrelati e incongrui, dettagli irrilevanti, senza mai costruire un insieme. Cinema confuso, molto al di sotto delle proprie ambizioni. Voto 3
The Theory of Everything di James Marsh. Festa mobile
Il biopic di Stephen Hawking è un discreto film, molto meglio di quello su un altro scienziato gravato da forti problemi che questa stagione ci propina, The Imitation Game, la storia di Alan Turing (i due saranno sicuri contendenti all’Oscar). Hawking genio precoce che già da studente sbalordisce con le sua audaci teorie sull’inizio dell’universo e sul tempo e sui buchi neri ecc. Finché una forma estrema e progressiva di atrofia muscolare rischia di bloccare per sempre la sua ascesa e le sue ricerche. Ma Hawking ha la fortuna di avere accanto una moglie inteligente e devota che lo aiuterà a diventare quello che è diventato. Agiografico, come no, però con una certa classe e misura. Cauteloso: del resto i protagonisti sono ancora qui a lottare insieme a noi e in questi casi è d’uopo usare le molle (però The Social Network ci andava giù pesante lo stesso con il signor Zuckerberger, si gradirebbe analogo approccio). Con tocchi leggeri si parla anche della fine del matrimonio e della nuova storia di Hawking con la sua assistente-badante. Gran performance di Eddie Redmayne. Non è di quei film che io amo, però devo ammettere che nel genere si è visto di peggio. Voto 6