Invece The Rover non ha per niente deluso, rivelandosi un buonissimo action, in una messinscena concitata e suggestiva di un regno selvaggio e post-civilizzato in cui la bestia umana è costretta a cavar fuori gli artigli. Presentando parecchie, anche se non esplicite, affinità con il precedente film di Michôd. Siamo in Australia, in un futuro che potrebbe essere domani, dopodomani. Dopo un cataclisma economico – e i riferimenti alle bolle speculative degli ultimi anni e relativa crisi finanziaria globale non sono niente casuali – il vivere civile si è degradato, con isole umane che cercano come posono di sopravvivere nel semi deserto, tra mancanza di energia e beni primari, attacchi di improvvisati nemici. Solo alcune miniere sono ancora in attività, diventando la meta e anche il bersaglio di orde umane a caccia di lavoro, risorse, riparo, relativa abbondanza in quel mondo divelto. Siamo nell’incubo temuto e qui realizzato dell’homo homini lupus. Quel che segue è una lunga cavalcata selvaggia di un uomo di nome Eric del quale poco sappiamo, se non che dopo la catastrofe è rimasto solo, privato della famiglia, espulso dalla sua fattoria distrutta, ora vagante in cerca di una vendetta verso chissà chi, o solo di un target su cui rovesciare la sua rabbia. Un uomo degradatosi al limite dell’animale. Una banda gli ruba la macchina, suo indispensabile mezzo di sopravivenza, da quel momento non penserà che a inseguirli, braccarli, distruggerli. Incontrerà e salverà un ragazzo ferito, Rey, fratello del capobanda di cui Eric è all’inseguimento, e da lui ignobilmente abbandonato. Lo aggregherà a sé, sicuro che lo porterà dall’infame. In coppia dovranno difendersi e attaccare, in un racconto che molto deve ovviamente a Mad Max, ma anche agli italian western e al solito Kurosawa. Se il plot è alquanto prevedibile, la messinscena è però della massima serie, con visioni allucinate di un universo disfatto e bagni di sangue ad alta stilizzazione. Guy Pearce è il rabbioso protagonista. Però la rivelazione di questo film è Robert Pattinson come Rey, ragazzo naïf e indifeso che imparerà presto a diventare una macchina per uccidere. Personaggio di idiot per niente savant, al quale l’ex pallido prence di Twilight conferisce il giusto grado di catatonia, e una implosa, trattenuta follia sconfinante in un’angelica e innocente ebetitudine. Siccome anche in Maps to the Stars di Cronenberg, il suo secondo film a Cannes, Pattinson ha fatto la sua bella figura, possiamo dire che è davvero incominciato per lui la carriera di post-vampiro, e che è nato un attore vero. Se pensiamo che a Cannes anche Kristen Stewart in Sils Maria di Assayas si è dimostrata brava oltre ogni aspettativa, c’è da fare i complimenti ai due ragazzi di Twilight.
TorinoFilmFestival32. Recensione: THE ROVER. La sorpresa è Robert Pattinson
Creato il 27 novembre 2014 da LuigilocatelliPotrebbero interessarti anche :
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