Il ritornello stupido di una canzone. Canta. Suona. Stona. Un po’ come tutte quelle parole che sono rimaste impigliate nel pentagramma delle occasioni perse, tra una pausa e l’altra, nascoste sotto il terzo rigo dal basso per non dire sì. Così succede che si gira intorno a quel sì per non toccarlo, sfiorarlo. Si scelgono i toni bassi che qualche volta sono così bassi da spegnersi nel silenzio. E se proprio non ci stai ad ascoltare il silenzio, se proprio non vuoi ascoltare, ascoltarti, ci sono i toni alti, quelli che qualche volta sono così alti da accendersi in tutto quello che non si sarebbe mai dovuto dire. Eppure, basterebbe solo fermarsi su quel terzo rigo dal basso, cercare il suono di un sì come fosse l’unico suono possibile.Una canzone che è tutta un ritornello stupido. Stona. Canta. Suona. Con poche, banali, semplici parole dice tutto quello che si è impigliato in quel pentagramma. Ascolto, penso che non avrò mai il coraggio di dire che la sto ascoltando, che mi sta piacendo e che per una volta mi piacerebbe essere un banale ritornello stonato, invece di cercare sempre quella irripetibile e preziosa melodia che riesco a sentire soltanto io. Tu. Se proprio dovessi cercarti in un luogo, ti cercherei proprio in un ritornello stupido, uno di quelli che ti piacciono di nascosto, che sai che con te non c’entra niente, che pensi che se mai dovessi cantarlo lo faresti in una di quelle sere d’estate ebbre di vita, mentre incendi desideri alla luce di una luna complice e discreta.
[... no, non ti rivelerò mai quel ritornello]