Tornare in Italia per Natale #parte1

Da Giulia Calli @30anni_Giulia

È una sveglia che suona troppo presto la mattina.
Un bus notturno pieno di gente come te, che dormicchia in direzione aeroporto.

È il rumore dei trolley che rotolano sul selciato.
Delle ruote che si incastrano fra le fessure del pavè. Dei muscoli dell’avambraccio che si stirano per dare lo strattone e ricominciare a camminare.

È la lunga fila per il check-in e il rumore di sacchetti di plastica pieni che vengono ricomposti, tetrizzati l’uno addosso all’altro per poter chiudere la valigia. 
Quella vaga sensazione di tenere il fiato sospeso fino all’imbarco, pensando che l’hostess di terra ti chiederà di pesare il tuo bagaglio. O peggio, di infilarlo nell’apposito misuratore di ferro blu

Oppure è l’ultimo aereo della giornata, quello che ci puoi contare che sarà in ritardo. Che magari verrà pure cancellato. Così potrai di nuovo ripetere l’esperienza di dormire al freddo sul pavimento di un grande scalo aeroportuale.

L’arrivo in Italia (al Nord)

È la nebbia in autostrada fra Bergamo e Milano e il traffico di inizio giornata. 

È quel profumo inconfondibile di caffè e cornetto alla crema appena sfornato che accarezza l’olfatto ogni volta che passi nei pressi di un bar.

Le luminarie natalizie la sera e la gente che passeggia a braccetto, guardando le vetrine. 

Le campane della chiesa che segnano le ore.

Le signore avvolte nella pelliccia che si calcano in testa un colbacco di volpe.

Le ragazze con i pantaloni attillati in simil-pelle, gli occhiali da sole e il caschetto scuro.

I ragazzi con il gilè e la 24ore.

Le maniglie delle porte di entrata delle farmacie, il caduceo dorato, con i due serpenti aggrovigliati fra loro.

Gli uomini con i cappotti lunghi dai colori del bosco e il cappello di feltro.

Le vetrine delle pasticcerie appannate dal freddo.

E poi i discorsi per strada.
Questa è la mia fase preferita del ritorno.

Per farsi un’idea di un popolo bisognerebbe sempre ascoltarne le conversazioni per strada. Le frasi orecchiate in questi giorni, perfettamente circoscritte nella cittadina di V ne sono un esempio lapalissiano.  

spumante o champagne?

chiede un uomo col ciuffo, giacca e cravatta, a una giovane donna con i tacchi 

devi solo venire a cena e poi puoi andar via subito dopo

dice la ragazza con i ricci, sapendo di mentire, al suo ragazzo che sbuffa

allora dove andiamo a fare l’ape?

si chiede cinguettando un gruppo di amiche sulla ventina

avevo il numero P129, com’è che non lo avete chiamato?

si alza di scatto dalla sedia il signore dal capello brizzolato, rendendosi conto di aver appena perso il turno in Posta

Bentornata nel Nord Italia.
Ancora pochi giorni e passerò ai discorsi dell’Isola. 

by