Tosca al Teatro Massimo di Palermo. Ecco un'artista

Creato il 22 settembre 2011 da Spaceoddity
Una volta per lustro, almeno, mi sembra corretto rivedere Tosca a teatro. E, poiché al Teatro Massimo l'opportunità non manca mai, mi rendo conto ogni volta di quanto in questa sua opera Giacomo Puccini si sia creato dei momenti musicali splendidi e innovativi, molto più che in altre occasioni. In particolare, ho sempre amato la linea musicale della protagonista e il gioco armonico che crea con le altre voci e gli strumenti. D'altra parte non cessa di stupirmi il linguaggio inverosimile, antiquato e talvolta involontariamente ambiguo di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica che rende queste opere sul piano linguistico, a mio avviso, un bassissimo momento della letteratura italiana. Certo, Tosca e il teatro di Puccini rimangono una tappa ineludibile sul piano della volgarizzazione e della creazione di una struttura sociale media italiana: questo strano testo di fedeltà amorosa, ideologica e tradimento di valori e aspettative offre uno spettacolo di certe tendenze intellettuali e a rappresentare una classe sociale decisamente meno popolare di quella di Verdi.
Proprio perché non si tratta di un'opera mia, rivedere Tosca è, dunque, un'occasione che non mi lascio sfuggire. E, devo dirlo, stavolta sono rimasto contento, almeno dalla protagonista: non sarà la Floria Tosca che ti aspetti, specie per chi, come me ha una formazione per lo più discografica, ma Norma Fantini a me è piaciuta. Mi è piaciuta per il timbro particolare che ha donato al suo personaggio, per il canto un po' più sbrigliato, per certe variazioni rispetto alla prassi, per il controllo della voce e per il volume sicuro con cui ha condotto la parte. Forse, proprio questo volume ha dato qualche piccola scossa all'insieme, perché da dove ero io (loggione non numerato alla destra del palco), l'orchestra guidata dalla giovane bacchetta israeliana Omer Meir Wellber (in basso a sinistra nella foto) ha suonato bene, ma un po' troppo forte, coprendo, di tanto in tanto, altre voci o dinamiche più dimesse. In particolare, ho avuto, qua e là (soprattutto al primo atto), l'impressione di un suono più equalizzato che orchestrato, con taluni passaggi che, comunque, guadagnano uno smalto e un cromatismo assolutamente peculiari e, secondo me, piacevoli.
Sul versante maschile, le tre voci più importanti dell'opera hanno offerto prove altalenanti. Il tenore Jorge de Leòn si è dimostrato un tenore dal bel timbro e di carattere deciso, ma con un controllo della voce migliorabile, in particolare nell'emissione delle vocali (in primo luogo delle 'u') e nelle chiusure, nelle quali la voce tende a vibrare. Il basso Giorgio Surian, nei panni di Scarpia, senza mai deludere, non ha superato, a mio avviso, la prova del confronto schiacciante sia con i suoi predecessori, sia con sue precedenti prove a cui ho avuto la fortuna di assistere: Surian è e rimane un professionista di rango, ma non è riuscito a sedurmi nel suo vortice di corruzione. Infine, il secondo basso, Alessandro Svab, rivestiva i panni del protagonista morale dell'opera, il motore dell'azione, ma povero sul piano musicale: Angelotti, il fuggitivo che mette alla prova la fedeltà dell'amico Cavaradossi e di Tosca nei confronti della parola data a quest'ultimo. Il cantante ha saputo gestire le sue battute, ma almeno dov'ero io non sono riuscito a cogliere note che gli consentissero un balzo rispetto alla funzione drammaturgica e alla tessitua emotiva dell'insieme.
Il coro del Teatro Massimo, guidato da Andrea Faidutti (e da Salvatore Punturo per le voci bianche), si è proposto con impegno e risultati adeguati, anche senza considerare una coreografia decisamente stanca e noiosa, degno pendant di una messa in scena (di Joseph Franconi Lee) poco fantasiosa. Se, per ragioni di costi e di approcci ingessati, le regie d'opera sono per lo più esibizioni in costume di musiche, quella di Tosca (certo non senza ragione) soffre in particolare di un barocchismo dannunziano a volte insopportabile per le misure, i toni e le forme delle sue manifestazioni (a cui io preferisco senz'altro l'umbratile e sgombra eleganza dello spettacolo di Mauro Bolognini, anni fa). Se a Franconi Lee, che ha lavorato su un'idea di Alberto Fassini, si deve riconoscere obiettivamente che non ha stravolto il senso o la trama dell'opera, anzi!, mi viene da pensare a quanta arte ci voglia a mettere in scena un'opera molto amata per alcune sue arie, bellissime e note a prescindere dal loro contesto (Recondita armonia, Vissi d'arte, E lucevan le stelle).
Onore al merito, i cantanti - e in particolare Norma Fantini (qui a destra nella foto) - ci sono riusciti, mantenendo i caratteri e la drammaturgia.
Tosca
di Giacomo Puccini
(recita di mercoledì 21/09/11, h. 18.30)
con Norma Fantini (Tosca), Jorge de Leòn (Cavaradossi), Giorgio Surian (Scarpia), Alessandro Svab (Angelotti), Roberto Abbondanza (Sagrestano), Carlo Bosi (Spoletta), Francesco Vultaggio (Sciarrone), Vincenzo Raso (un carceriere), Raffaella Gandolfo (un pastorello)
Maestro del coro: Andrea Faidutti
Maestro del coro di voci bianche: Salvatore Punturo
Coro e Orchestra del Teatro Massimo di Palermo
dir. Omer Meir Wellber
Regia di Joseph Franconi Lee (da un'idea di Alberto Fassini)
Scene e costumi di William Orlandi
Luci di Roberto Venturi

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