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Toscana’900: una mostra a Villa Bardini e tante suggestioni per Firenze

Creato il 23 dicembre 2015 da Viaggimarilore

Toscana’900: una mostra a Villa Bardini e tante suggestioni per FirenzeIl Progetto Toscana’900 è stato voluto dalla Regione Toscana per promuovere l’arte del Novecento a Firenze: Firenze non è solo Rinascimento, è questo il messaggio fondamentale da trasmettere al mondo intero. In questo clima nasce l’idea della mostra “Toscana ‘900. Da Rosai a Burri percorsi inediti tra le collezioni fiorentine“, esposta a Villa Bardini, che racconta il clima artistico fiorentino del primo Novecento attraverso opere appartenenti a fondazioni bancarie, a istituti culturali e a privati cittadini. Ne nasce un racconto interessante, poliedrico, dinamico, che ho avuto la possibilità di visitare, con la guida di una delle curatrici della mostra, Lucia Mannini, grazie a Tuscany Buzz che ha organizzato un instameet in collaborazione con Villa Bardini. Già altre volte ho partecipato agli instameet, che sono un modo molto utile, ritengo, per comunicare l’arte attraverso la propria visione, in un modo molto partecipativo e personale allo stesso tempo. Ecco allora il mio racconto.

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Il libro d’artista di Andy Warhol in mostra a Toscana’900

La mostra ha un suo percorso, ma in realtà si compone di tante sezioni indipendenti, proprio per la natura del suo allestimento, concepito per collezioni, e non per temi o per cronologie. Cominciamo quindi con la sezione che mi ha interessato di più, perché ne ho sempre sentito parlare, ma dal vivo non ne ho mai visto uno: i libri d’artista. La Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze possiede una collezione di libri d’artista veramente invidiabile. Nomi del calibro di Mirò, Duchamp, Warhol, cui si affiancano i libri-lattine dei futuristi: “libri” realizzati in latta da una fabbrica di Savona, apprezzati dai futuristi che in essi vedono la modernità e l’elogio della macchina, due temi a loro molto cari. Il libro pop-up di Andy Warhol è un’altra chicca, così come la scatola contenente 94 fogliolini disegnati da Marcel Duchamp che con essi vuole indicare l’unicità dell’opera d’arte, che si forma ogni volta che qualcuno dispone diversamente quei fogliolini fuori dalla scatola. Ma a me ha colpito la serie dei pannelli che illustrano La Prose du Transsiberien: ne ho letto da poco nel libro di Pierre Bayard Come parlare di luoghi senza esserci mai stati e vederlo lì dal vivo mi ha entusiasmato!

Proseguendo, la collezione del Gabinetto Vieusseux accoglie a sua volta una collezione privata, quella della pittrice Leonetta Pieraccini e del marito Emilio Cecchi i quali tenevano corrispondenza con alcuni intellettuali e poeti del loro tempo, tra cui Montale. Ed è bello vedere alcuni disegni, alcuni schizzi, foto di quest’archivio privato. Tra i vari, mi ha colpito il ritratto che di Emilio Cecchi traccia Cesare Brandi, noto per essere stato il primo vero teorico del Restauro in Italia, e che realizza il suo schizzo senza alzare mai la penna dal foglio. Un piccolo capolavoro estemporaneo.

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Andando avanti si entra nel nucleo più prezioso, forse, di opere d’arte: quelle appartenenti alle fondazioni bancarie. Qui il Gioco della Toppa di Ottone Rosai è messo a confronto e contrasto con La Scuola di Felice Carena: nel primo Rosai sceglie di dipingere un ritaglio di vita quotidiana, un gioco fatto per le strade di Firenze tra case fatiscenti da persone comuni. Rosai eleva il soggetto quotidiano a dimensione monumentale, ponendosi in tacita opposizione con i temi demagogici fascisti del tempo (siamo nel 1928) di elevazione dell’italianità e della romanità. Più adeguato a schemi vicini all’ideologia del Regime è l’opera di Felice Carena, professore di figura all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Nel suo dipinto lo vediamo ritratto proprio ad una lezione di rappresentazione dal vero di Nudo insieme ad amici o allievi della Scuola. La figura centrale, la donna nuda, è molto classica nella posa distesa e nelle forme, e la rappresentazione va tutta nella direzione della Grande Raffigurazione tipica del Periodo.

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Donne per le scale di Antonio Donghi è l’immagine simbolo della mostra: un dipinto che racconta molto di più di quello che a prima vista sembrerebbe, perché rappresenta una scena apparentemente semplice, l’interno delle scale di un condominio, in cui tutto fa pensare ad un brano di vita sulla scia del Gioco della Toppa. Ma a ben guardare c’è qualcosa che stona e nel pur preciso realismo delle figure rappresentate c’è qualcosa che sfugge, che rimanda a significati altri rispetto alla scena. Si tratta del Realismo Magico, una corrente del Primo Novecento che al forte realismo della rappresentazione oppone la sensazione che vi sia qualcosa di più da interpretare.

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Gino Severini, L’Equilibriste

L’opera che però mi garba di più e che, lo ammetto, è quella che mi ha invogliato a visitare la mostra, è L’Equilibriste di Gino Severini: una reinterpretazione delle antichità del Foro romano che vengono calate in un contesto da commedia dell’arte e da circo: l’equilibrista al centro della scena, vari Pulcinella qua e là, pure in cima ad una colonna sulla quale, solitamente, si trovava la statua della divinità: un gioco di equilibri e di contrasti tra l’idea dell’immagine da cartolina, del gioco e dell’irriverenza. Il pannello fu realizzato insieme ad altri pannelli con analogo tema, per arredare un ambiente della casa del collezionista Rosemberg, di Parigi, un mecenate protettore di vari artisti di quel tempo.

Si arriva poi alla sezione dei collezionisti privati, ovvero di cittadini di Firenze che in casa espongono opere di artisti eccellenti del Primo Novecento. Tra le varie opere mi ha colpito Figura di donna in riva al mare di Giorgio de Chirico: è una continua citazione e commistione di elementi accostati senza un particolare equilibrio: il volto da Apollo del Belvedere si imposta su un busto femminile a seno scoperto; la figura indossa però degli improbabili calzoncini corti coloratissimi, e le gambe, incrociate, a guardarle bene sono più maschili che femminili. Che sia un ermafrodito? Sicuramente De Chirico qui gioca col concetto di doppio e guarda ai molteplici aspetti del reale senza dare una soluzione definitiva.

Queste sono solo alcune delle opere in mostra. Il percorso, pur se limitato ad un piano della Villa, è denso di opere d’arte: tocca a voi scegliere la vostra preferita.

Ora non resta che uscire da Villa Bardini e affrontare un percorso tematico che vada a riscoprire la Firenze dei primi del Novecento. È un discorso che intendo affrontare nei prossimi post: volete venire con me?


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