“…Non siamo di fronte a uno scontro tra ambientalisti radicali e uomini di governo, o tra tecnici e politici. Siamo di fronte allo scontro tra una politica che crede in uno sviluppo sostenibile, e una politica che vuole perpetuare in eterno l’insostenibile stato delle cose....”
Tomaso Montanari, Repubblica Firenze 22 febbraio 2015
«il Piano offre una cornice di regole certe, finalizzate a mantenere il valore del paesaggio anche nelle trasformazioni di cui esso è continuamente oggetto»
Enrico Rossi, Presidente Regione Toscana, da “Viaggio in Toscana”
Pubblichiamo l’articolo di Tomaso Montanari, che ben rappresenta e racconta la grande preoccupazione di quelli che guardavano con speranza alla Toscana della nuova legge per il governo del territorio, promossa dal Presidente Rossi e dall’assessore Marson. Una legge che ha segnato un nuovo orizzonte e nello stesso tempo una strada concreta, per costruire un modello di sviluppo che è poi quello disegnato dalla nostra Costituzione. Che mette al centro le persone, i beni collettivi e i diritti delle prossime generazioni. E di fronte all’attacco al Piano Paesaggistico del suo assessore, a opera del suo stesso Partito, in nome di istanze che sappiamo benissimo da dove vengono e chi rappresentano, ci aspettiamo che il Presidente Rossi rifiuti qualsiasi patteggiamento di sorta con gente che non prova imbarazzo ad affermare che “il piano paesaggistico deve valorizzare il patrimonio, non deve essere una cartolina che blocca le attività” e che vuole cancellare l’obbligo di “salvaguardia della «qualità percettiva dei luoghi». Qualsiasi compromesso in nome della “realpolitik” (e delle elezioni regionali imminenti) che Rossi dovesse accettare, porterà vantaggi solo a chi sul “cemento libero” prospera da tempo, sempre più indisturbato. In compenso cancellerà quella linea di difesa del territorio e del paesaggio di cui la Toscana è diventata la principale garanzia. Se si cede su questo, il fronte che si batte per difendere il nostro Paese subirà un’irreparabile sconfitta, e i cittadini che avevano sperato in un nuovo e diverso modello di sviluppo saranno ancora più soli.
Toscana. Quel monocolore grigio come il cemento
di Tomaso Montanari 22 Febbraio 2015
NELLA reprimenda che Enrico Rossi ha riservato al migliore dei suoi assessori, Anna Marson, si legge che il presidente toscano si adopererà «per trovare le soluzioni più avanzate per conciliare ambiente e lavoro». Rossi ce l’ha già in mano quella soluzione: è l’avanzatissimo Piano Paesaggistico, che il suo partito sembra deciso a inabissare.
Perché è importante chiarire un punto. Non siamo di fronte a uno scontro tra ambientalisti radicali e uomini di governo, o tra tecnici e politici. Siamo di fronte allo scontro tra una politica che crede in uno sviluppo sostenibile, e una politica che vuole perpetuare in eterno l’insostenibile stato delle cose. Come ha scritto lo stesso Enrico Rossi (nel suo Viaggio in Toscana), «il Piano offre una cornice di regole certe, finalizzate a mantenere il valore del paesaggio anche nelle trasformazioni di cui esso è continuamente oggetto». È verissimo: il Piano non avrebbe l’effetto di imbalsamare il paesaggio toscano, ma darebbe finalmente gli strumenti per governarne la trasformazione in modo responsabile. La sua approvazione sarebbe la vittoria di chi crede che il paesaggio non si salva con i vincoli, cioè con le (pur necessarie) proibizioni delle soprintendenze, ma con la capacità di immaginare un futuro condiviso. Sarebbe il successo di una democrazia matura: il Ministero per i Beni culturali ha accettato di rinunciare a una serie di vincoli perché convinto della qualità del Piano.
Ma ora tutto questo rischia di saltare, perché il pacchetto di emendamenti presentato dal Pd svuota il Piano al punto tale da renderlo inerte. Basterebbe questo comma: «Le criticità contenute nelle schede di ambito costituiscono valutazioni scientifiche non vincolanti a cui gli enti territoriali non sono tenuti a fare riferimento nell’elaborazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica». Se il Piano non è vincolante, se i Comuni non sono tenuti ad osservarlo: ebbene, quello non è più un piano, ma un auspicio. E il Mibact non lo firmerebbe. Insomma, il Piano morirebbe prima di nascere.
La cosa inquietante è che negli emendamenti di Forza Italia troviamo non solo la stessa volontà, ma le stesse identiche parole presentate dal Pd: «Le criticità contenute nelle schede di ambito costituiscono valutazioni scientifiche non vincolanti a cui gli enti territoriali non sono tenuti a fare riferimento nell’elaborazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica ». Siete capaci di trovare una sola virgola diversa dal testo del Pd?
E non è la sola convergenza letterale. Quando si parla dell’enorme problema della distruzione delle Apuane, Pd e Forza Italia piantano gli stessi paletti, con le stesse parole: «Salvaguardando, comunque, le cave esistenti e il loro futuro sviluppo». E si potrebbe continuare a lungo, purtroppo. Siamo evidentemente di fronte al tentativo di imporre a Rossi uno Sblocca Toscana, perfettamente allineato a quell’asse Renzi-Lupi che ha partorito lo Sblocca Italia, che è un triplo salto mortale nel passato, con il ritorno ad un consumo di suolo senza freni, e ad un totale asservimento dell’interesse pubblico agli interessi privati di lobbies industriali, edili ed estrattive.
Se i toscani fossero chiamati a un referendum, il Piano Marson passerebbe con l’80% dei voti. Mentre rischia di cadere in un Consiglio regionale in cui il peggio di vecchie stagioni, locali e nazionali, e il peggio del renzismo sono ormai indistinguibili. Se giovedì prossimo il Piano cadesse davvero, il finale di queste interminabili ‘cinquanta sfumature di Rossi’ sarebbe un monocolore senza sfumature. Grigio: come il cemento.
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