Anche nel touch la palla è ovale e può essere passata indietro o in orizzontale, ma non ci sono mischie né placcaggi e l’avversario si ferma “toccandolo”. Non si gioca con i piedi (niente calci né pali della porta e trasformazioni) e si segna esclusivamente con la meta, che vale 1 punto. In campo si scende 6 contro 6 e ogni squadra è composta da 3 ragazzi e 3 ragazze. Giovani e adulti giocano insieme e la componente fisica conta fino a un certo punto; decisiva è la tattica.
Questo sport ha origini australiane e nella terra dei canguri viene chiamato touch football; e in Europa è meglio conosciuto con il termine touch rugby. In Italia esistono due leghe, una legata alla FIR, l’altra alla Federazione Internazionale, che lo indica semplicemente come touch. I Leprotti Torino fanno parte di questo gruppo insieme a un’altra ventina di squadre provenienti da ogni zona del paese, che dopo una serie di tornei durante la stagione si sono trovate a Rovigo per l’ultimo appuntamento dell’anno agonistico. Le competizioni svolte in precedenza sono servite per determinare una classifica e stabilire il tabellone del week end. I torinesi, quarti prima delle finali, hanno mantenuto la posizione.
La società è nata cinque anni fa, fondata dall’attuale allenatore e presidente, Emanuele Manzone, giocatore di rugby negli anni del liceo bloccato poi da un infortunio e tornato in campo con il touch. La squadra aggrega ragazzini ed ex rugbisti, che si trovano regolarmente tra i campi del CSI Bosso e di Collegno. Non sono l’unico gruppo esistente a Torino, perché al Valentino un certo numero di appassionati si ritrova abitualmente per giocare incontri amichevoli. Si chiamano Gipetouch e insieme ai Leprotti sono riusciti a portare in città i valori del rugby in una veste meno dura e accessibile a tutti.
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