TOUR DE PEDERNALES: Segundo dia

Creato il 20 dicembre 2014 da Federica
Il nostro stomaco fa un po’ i capricci, evidentemente non siamo abituati alla pesante cucina dominicana ma, se non altro per rispetto di Katya, la proprietaria dell’albergo, ci prepariamo per un’altra colazione tipica che, bene o male, va giù anche sta volta.

Telefoniamo ad un ragazzo conosciuto la sera prima il quale si era reso disponibile ad accompagnarci a La Cueva da cui poi avremmo raggiunto Baya de Las Aguilas, la meta del giorno.

Ovviamente ci perdiamo comunque! Le vie polverose di Pedernales sembrano tutte uguali, non c’è segnalazione e alcuni sentieri non sono percorribili senza la vettura adatta. Perdiamo di vista il nostro accompagnatore, torniamo indietro e, prima di arrivare, giriamo un po’ in tondo mentre un camion in fiamme diventa cenere sotto i nostri occhi: scene di ordinaria amministrazione, a quanto pare! A La Cueva, letteralmente “la grotta”, vista le presenza di numerose cave formatasi da una sorta di fenomeno carsico, non ci sono turisti; come ormai siamo abituati, ci siamo solo noi, il mare e il piccolo gruppo di abitanti locali che, a quanto pare, si sono sistemati proprio lì, sulla costa, in una serie di tende da campeggio.
Sembrano ben organizzati, con piccoli fornelli elettrici, un pannello solare da cui ricavare energia e una radiolina rossa che, come sempre, rallegra l’atmosfera con musiche latine ad alto volume.
L’unica signora presente si offre di prepararci il pranzo una volta  tornati da Baya De Las Aguilas che, da qui, raggiungiamo in pochi minuti di barca veloce.
Ciò che ci colpisce, durante l’attraversata, sono le alte pareti rocciose a picco sul mare variegate di mille colori; di base bianche, sono poi striate di giallo, arancio, rosso e verde e, imponenti, formano come un piccolo labirinto di scogli tra i quali il nostro timoniere si diverte a zigzagare.
Siamo incantati, realmente stupefatti di fronte a una così grande meraviglia della natura.

La spiaggia della baia è davvero un gioiellino; lunga ed incontaminata si estende a perdita d’occhio, accarezzata da acqua limpide, di un azzurro intenso.
All’interno vegetazione fitta, arbusti spinosi, alberi dalle grandi radici intricate e, lungo un sentiero, scorgiamo anche le impronte lasciate sulla sabbia da qualche iguana di passaggio.
Poco distante da dove ci siamo sistemati c’è una torre panoramica in cima alla quale incontriamo l’amministratore del parco; sì perché questa zona, così bella e selvaggia, fa parte del Paque National Jaragua, un’area protetta istituita dal governo per proteggere i fenicotteri rosa durante la migrazione.

Il mare, la natura, il territorio, tutto quello che ci circonda non ha nulla a che vedere con Bayahibe; ci sono addirittura i fichi d’india e i cactus che, come dita di strega, spuntano numerosi dalla roccia arida.
Ci piace questo posto! Ci sentiamo in paradiso, i privilegiati  visitatori di un Eden semi-sconosciuto che, a detta di Joel, anche la maggior parte dei domenicani non ha mai avuto la fortuna di apprezzare.

Dopo un altro pasto in stile dominicano (ok, lo ammetto, non ne possiamo davvero più di banane fritte!!) siamo pronti per tornarcene indietro.
La strada fino al Viva Dominicus è lunga (molto lunga) ma non c’è altra soluzione!
Lungo il percorso, lo stesso dell’andata che ripetiamo a ritroso, ci fermiamo a fare rifornimento di Ron e Cola, Joel fa provviste di frutta a una bancarella di strada (10 avocado per 3 euro!!) e acquistiamo anche un pezzetto di dulche de leche, un impasto di latte, latte condensato, panna e zucchero farcito di marmellata: buono a piccole dosi ma di una pesantezza unica!

Dopo più di 8 ore di auto, attraversando il traffico allucinante dell’ora di punta di Santo Domingo, siamo nuovamente a Bayahibe.
Siamo stanchi, stremati ma assolutamente felici;  un nuovo pezzetto di Repubblica Dominicana da oggi fa parte di noi….noi che siamo sempre più innamorati di questo incredibile paese.



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