Il promontorio della “Sella del Diavolo” è il simbolo del Lungomare Poetto e di tutta Cagliari, tuttavia una silenziosa e spesso taciuta domanda riecheggia alimentando miti e leggende nel rigoglioso golfo, come nel tempo e al contempo un posto così splendido possa evocare un entità così nefasta?
Le leggende in realtà sono due e differiscono leggermente: nella prima secondo la versione ufficiale Dio volle offrire in dono agli Angeli una terra in cui vivere a patto che la cercassero, dopo una lunga ricerca, trovarono la Sardegna, unico luogo in cui non regnavano l’odio e la cattiveria e gli abitanti vivevano serenamente dediti alla pastorizia e all’agricoltura.
Dio mantenne la promessa e gli Angeli vi si stabilirono. Questo fatto scatenò l’invidia di Lucifero, che cercò di istigare la lite fra gli Angeli al fine di scacciarli da questa terra, ma loro si opposero e intrapresero una battaglia scatenando nel golfo onde altissime che fecero sbalzare Lucifero dal suo destriero.
L’Arcangelo Gabriele emerse trionfante dal golfo con la spada in pugno mentre Lucifero inviperito scagliò la sella del suo cavallo sul promontorio di Sant’Elia nel punto in cui oggi si vede la pittoresca cresta denominata per l’appunto Sella del Diavolo. Nella seconda leggenda più comune e popolare il mito racconta che, il Satanasso sfracellandosi sul golfo, cadde a cavalcioni sul promontorio che prese le sembianze di una “sella”.
In realtà come spesso accade l’antica e leggendaria battaglia tra Lucifero e gli Angeli non è che una raffinata forma di vendetta ideata dai primi cristiani nei confronti della divinità pagana: Astarte per i fenici, che difatti eressero il suo santuario sull’altura della “sella”, Venere per i romani che l’adottarono.
Sì, l’Astarte fenicia è la punica Tanit, l’Iside egizia, la greca Afrodite, la Venere romana: l’Eterno femminio, il cui culto preistorico è tanto ben attestato anche in Sardegna.
Figura dell’erotismo e genitrice di vita, simbolo di rinnovamento, sulla Sella si svolgevano i riti della prostituzione sacra cari alla Dea. Contro quei riti si scagliò con violenza l’imperatore Costantino, convertito al Cristianesimo, che ordinò all’esercito di distruggere i santuari e bonificare i luoghi dove sorgevano.
“Il monte di Venere” è l’inizio del cammino. Dalla cima dell’intero percorso, ammirando la parabola discendente di quella Dea che avrebbe potuto dare il nome al colle – consacrato alla fecondità – se Lucifero non le avesse rubato la scena.
“Le mercanti del tempio” racconta la storia della prostituzione sacra e della diffusione di questo rituale da Babilonia ad Erice, secondo quanto attestato dagli storici dell’antichità.
Sacerdotesse e schiave, le donne erano costrette a cedersi agli stranieri, soprattutto marinai, in cambio di una somma di denaro. Non facevano eccezione quelle in servizio sulla Sella del Diavolo.
“Mediterraneo” ricorda qual’ era la funzione più preziosa della Dea: la protezione dei naviganti. Il timore del mare accompagnava gli uomini nelle loro traversate, durante il giorno; la notte, quando le stelle si accendevano, cercavano il volto di Venere nel cielo e ne imploravano l’aiuto.
Dice Giovanni che Lucifero una volta caduto in terra “si fermò sulla spiaggia del mare”, un “mare di cristallo”. Non era poi così difficile immaginare il Poetto che i primi cristiani avevano davanti agli occhi tutti i giorni. La bestia ha sette teste, che sono “i sette colli sui quali è seduta la donna”. Roma? Sì, ma anche Cagliari sorge su sette colli detti sette fratelli, “Setti Fradis”.
Written by Stefano Lusso