Che meraviglia il ricordo che del grandissimo Oreste del Buono ci ha fatto qualche tempo fa, sulle pagine del Venerdì di Repubblica, Pino Corrias: grande anche lui per il modo con cui sa restituirci personaggi che è bene tenerci cari, con qualche legittima preferenza per la Milano che era la Milano di Enzo Jannacci e Beppe Viola.
Anch'io me ne ero quasi dimenticato. Ma quante cose devo a Odb. Solo per cominciare, i numeri di Linus che ancora oggi custodisco con maniale gelosia - e su cui non mi sono solo divertito, ho imparato cose del mondo più che in mille saggi; i Gialli Mondadori, per i quali si dice OdB abbia letto e proposto mille titoli, con la scoperta, tra l'altro, di Raymond Chandler, Dashiell Hammett e di altri "narratori della scuola dei duri col cuore morbido"; e Stephen King, la cui lettura lo avrebbe folgorato una notte, alla Fiera di Francoforte, da dove il giorno dopo partì una telefonata perentoria all'editore: "Comprate tutto, è un genio"...
Solo per cominciare, con questo uomo che aveva letto di tutto e che in casa conservava qualcosa come 30 mila libri, un alluvione di libri che aveva rotto gli argini delle librerie per occupare ogni spazio, tanto che per attraversare la sala bisognava passare sopra una scala in orizzontale, gettata sopra di essi.
Oreste del Buono amava Corto Maltese di Hugo Pratt e amava più di ogni altro libro Alice nel Paese delle Meraviglie. Aveva più di un punto in comune con Luciano Bianciardi, anarchico senza tempo. Anche lui si definiva anarchico, magari anarchico stalinista. Insofferente a molte cose, ma quasi sempre capace di emozionarsi.
Per il suo Milan, magari. E soprattutto per quel piacere del leggere che oggi, come no, vive un'epoca di stento. Di quanti Odb avremmo bisogno, oggi.