Il rapporto tra Francia e Algeria, l’editoria algerina e del Maghreb e il ruolo della francofonia: le prime impressioni e riflessioni dal Maghreb des Livres 2013 di Parigi.
[Nelle puntate precedenti: il Maghreb des Livres; immagini dal salone editoriale]
di Annamaria Bianco da Parigi*
Credits @ Dorothée Allaneau/Facebook: “Soutien aux Artistes Tunisiens”
Il “Maghreb des livres” è stata un’esperienza incredibilmente intensa, se non illuminante. Per me, da sempre più sensibile al fascino del Bilad al-Sham, scavare fra i libri sugli stand e parlare con gli autori emergenti presenti è stata un’occasione di scoperta molto stimolante che non mi sarebbe capitata altrimenti. Riuscire poi a strappare nella confusione un momento di intimo dialogo con scrittori del calibro di Malek Chebel, con tanto di stretta di mano, è stato decisamente il massimo. Peccato solo per l’evanescenza di Tahar Ben Jelloun: schivo e quasi introvabile.
All’interno dello splendido Hôtel de Ville, l’associazione Coup de Soleil è riuscita a riunire davvero di tutto, sfruttando sapientemente gli spazi: intima l’atmosfera della Sala Letture, con le sue tende rosse e il duo d’accompagnamento composto da chitarra e violino, ed altrettanto raccolto anche il piccolo spazio degli Intrattenimenti, tête-à-tête con gli autori. Affatto banale la cornice artistica ricreata letteralmente attorno agli stand di libri e riviste, che ha lasciato spazio soprattutto agli artisti contemporanei tunisini, a dispetto del paese messo quest’anno sotto i riflettori, l’Algeria. Un calligrafo, seduto alla sua scrivania, contribuiva a donare ancor più colore al tutto, assieme a un maxi-schermo collocato alla fine della sala grande, che proiettava immagini poetiche del Maghreb – forse anche troppo orientaliste, nel gusto.
Effettivamente, al di là dell’entusiasmo del momento, prendere parte alla fiera mi ha dato modo di riflettere non poco sulla realtà contemporanea del Nord Africa e della Francia e, soprattutto, sulla natura dei loro rapporti: l’Algeria, a 50 anni dalla sua indipendenza, si caratterizza ancora per una produzione letteraria fortemente influenzata dall’esperienza del colonialismo e le stesse tavole rotonde organizzate hanno ruotato per lo più attorno a personaggi legati a questo genere di realtà.
Di libri in arabo, poi, solo un’effimera traccia, a causa della naturale predilezione per la francofonia di alcuni scrittori e a una scelta che, personalmente, ritengo essere stata piuttosto mirata, rispetto alla pubblicizzazione di testi in traduzione. Una soluzione che, se da un lato va certamente più a vantaggio delle case editrici francesi che a quelle d’origine, dall’altro è stata anche un po’ obbligata: visivamente parlando, gli arabi presenti all’infuori dei membri dello staff erano pochi; i visitatori erano per lo più francesi – non credo capaci di leggere i testi in lingua originale – e molti anziani. Nonostante l’area giovani appositamente allestita, avrò visto sì e no tre bambini nel corso delle due giornate.
Continuo a pormi delle domande al riguardo e la mia permanenza qui in Francia mi sta aiutando a farmi un’idea pian piano sempre più nitida della complessa realtà della presenza araba nel Paese, sulla quale spero di poter scrivere in futuro, una volta terminata quest’esperienza. A dispetto di ciò, in ogni caso, il Maghreb presenta delle novità editoriali davvero interessanti sotto più aspetti, che cercherò di presentare gradualmente nelle prossime settimane, sperando possiate apprezzare.
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*Studia francese ed arabo classico all’Università di Napoli l’Orientale, ed è iscritta all’ultimo anno del corso di laurea triennale in Lingue, lettere e culture comparate. Attualmente, si trova in Erasmus a Parigi presso l’Institut National de Langues et Civilisations Orientales (INALCO), dove ha cominciato a studiare anche siro-libanese. Da luglio 2012 è giornalista pubblicista e collabora con Frontiere News.