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Tracce maturità: Gabriele D’Annunzio? il personaggio, l’uomo e la poetica

Creato il 07 giugno 2012 da Yellowflate @yellowflate

Tracce maturità: Gabriele D’Annunzio? il personaggio, l’uomo e la poeticaIl personaggio di D’Annunzio nasce in opposizione a quella cultura scientifica che si stava sviluppando e che aveva portato ad una svalutazione dell’artista, che era stato emarginato poiché non rispondeva più alle nuove esigenze scientifiche.

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D’Annunzio allo stesso modo degli altri decadenti, creando un proprio modello di artista in grado di recuperare i valori tradizionali, ma soprattutto di ristabilirne il giusto ruolo ed i privilegi, inteso come unico mediatore e rivelatore di verità assolute attraverso la poesia e l’arte. Da origine così ad una poetica del tutto nuova sui palcoscenici della letteratura, in grado di stupire, di colpire e allo stesso tempo di esaltare la propria figura al cospetto di una società non protagonista, ma che dovrà essere soggetta alla figura del “SUPERUOMO”, da cui verrà educata alla religione dell’arte.

Un personaggio che basa la vita sull’estetismo, ossia sul culto della bellezza, sull’edonismo, che mira al piacere immediato, e sul panismo, la tendenza ad identificarsi nella natura, osservando la realtà da questo punto di vista; il tutto integrato in una vita inimitabile, fatta come un’opera d’arte, che deve far scalpore, al fine di diventare un vero e proprio mito di massa, su cui strumentalizzare  la sua opera soddisfacendo a pieno merito le esigenze di una società spinta dalla mercificazione dell’arte. Da qui vengono messe in evidenza le sue contraddizioni, espresse nel disprezzo verso la massa che minaccia la borghesia, ma che nonostante ciò cerca di persuadere con il suo stile, proprio per riuscire a sponsorizzare la sua opera.

In lui si scopre il desiderio di vivere e di godere tutte le sensazioni, che con la sua immaginazione rende più esageratamente clamorose. Nel realizzare tutto ciò, unisce la cultura classica (il poeta-vate) alle nuove nascenti filosofie irrazionali come quella di Nietzsche, che ha un’influenza particolare sulla teoria del superuomo e quella psicoanalitica.

La sua produzione suscita enorme interesse al pubblico, attratto dal contrasto tra i protagonisti delle sue opere che si rivelano nel poeta, ma che al contrario di questi non riescono nel loro intento di una vita basata sull’estetismo. In conseguenza al fallimento dei personaggi, mette in risalto la sua figura, che a questo punto diventa superuomo, perché l’unico in grado di realizzare la vita esteticamente.

Da un punto di vista stilistico la sua produzione assume un atteggiamento particolarmente elegante, poiché coglie gli aspetti del mondo con la sensualità e riesce a scomporli in tanti piccoli momenti, godendoli uno ad uno. La sua raffinatezza si rivela anche nel linguaggio, nella ricercatezza della parola che sappia ammaliare la “scienza delle parole” è una scienza “suprema”, “ chi conosce questa, conosce tutto” affermò nel 1892, dopo aver affidato a IL PIACERE la parola d’ordine ”il verso è tutto”.

 

Il superuomo e le ideologie

Questa figura nasce in D’Annunzio conseguentemente di quella esteta. Egli prova un odio ed un disgusto per i valori. Il poeta fugge dalla realtà verso un mondo di bellezza raffinata, insolita, preziosa. Tutto questo non solo nell’arte, ma anche nella vita. La vita stessa è un’opera d’arte da costruire con raffinatezza e ricercatezza. L’esteta ha il culto del bello fine a se stesso, ritiene i valori estetici primari riducendo tutti gli altri: “un’azione non deve essere giusta, ma bella!”. L’eroe decadente si considera eccezionale, speciale, disprezza l’uomo comune e la massa, costruisce la sua vita come un’opera d’arte attraverso l’artificio, sprezzando la spontaneità. Egli giunge ad un fallimento finale inevitabile.

Egli avendo rifiutato una problematica del vivere, si proiettò in una vita attiva e combattiva rivelando il suo vitalismo attraverso due concezioni:

¨   L’insofferenza di una vita comune e normale;

¨   Il vagheggiamento della “bella morte eroica”;

Insiste perciò sui temi della grandezza, dell’orgoglio, dell’eroismo estetizzante, ritrovando nel superuomo la perfetta identificazione con l’artista. D’Annunzio riprende però solo alcuni aspetti del superuomo nicciano, ovvero la coloritura antiborghese, aristocratica e imperialistica, forzandolo quindi in una condizione particolare.

D’Annunzio fu anche un’importante ideologo e politico, che lo coinvolse in diverse questioni di natura politica, che lo videro al centro dell’attenzione riguardo ad ardite imprese militari, soprattutto aree, mettendo in mostra quel suo esibizionismo, che mira a colpire ma non a riflettere, a persuadere  ma non a convincere.

Il suo ideale è quello di nazionalismo. Tuttavia se si volesse ricondurre la sua ideologia ai fatti espressi nella sua vita, non sarebbe possibile in quanto segue ideali:

¨   Post-politici, dove non mira a conciliare le differenze tra le ideologie, o ad esaltare un’ideale, non è interessato da programmi, ma vuole ottenere il massimo utile dai meccanismi culturali della società di massa;

¨   Pre-politico, che mira ad una riduzione dell’io a puro istinto, a sensazione naturale. L’affermazione del soggetto coincide con la sua fusione panica nell’elemento naturale.

L’impresa fiumana “O FIUME O MORTE”

 

Mio caro compagno, il dado è tratto! Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d’Italia ci assista. Mi levo dal letto, febbricitante. Ma non è possibile differire. Anche una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio

Gabriele D’Annunzio

11 settembre 1919

Così Gabriele D’Annunzio scriveva a Benito Mussolini: iniziava l’impresa di Fiume.

D’Annunzio, che non ha mai rinunciato a rivendicare i diritti dell’Italia su Fiume, organizza un corpo di spedizione. A Venezia egli raggruppa gli ufficiali che fanno parte di un nucleo d’agitazione che ha per motto “O Fiume o morte!”. Questi ufficiali assicurano a D’Annunzio un contingente armato di circa mille uomini, ai quali altri se ne aggiungono poi durante la marcia sulla città irredenta.
Gabriele D’Annunzio si nomina capo del corpo di spedizione e il giorno 12 settembre 1919 entra in fiume alla testa delle truppe. La popolazione alla vista di questa entrata acclama le truppe di granatieri italiani ed il “poeta- soldato”.

L’impresa di D’Annunzio riesce anche grazie alla compiacente collaborazione del generale Pittaluga, comandante delle truppe italiane schierate davanti a Fiume, il quale concede via libera al piccolo esercito. Le truppe alleate nella città non oppongono resistenza e sgomberano il territorio chiedendo l’onore delle armi. Di fronte al colpo di mano il presidente Nitti, nel duplice intento di salvare la nazione da un pronunciamento militare e di non provocare incidenti internazionali, pronuncia un violento discorso: “L’Italia del mezzo milione di morti non deve perdersi per follie o per sport romantici e letterari dei vanesi”. Mussolini, fronteggiando l’attacco contro il suo amico D’Annunzio, scrive sulle colonne del Popolo d’Italia:

“Il suo discorso è spaventosamente vile. La collera acre e bestiale di Nitti è provocata dalla paura che egli ha degli alleati. Questo uomo presenta continuamente un’Italia vile e tremebonda dinanzi al sinedrio dei lupi, delle volpi, degli sciacalli di Parigi. E crede con questo di ottenere pietà. E crede che facendosi piccini, che sminuendosi, prosternandosi, si ottenga qualche cosa. E’ più facile il contrario”.
D’Annunzio non reagisce agli attacchi del Presidente del Consiglio come Mussolini, ma conia per Nitti un soprannome, nel quale c’è tutto il suo disprezzo per il moderato che disapprova “le gesta sportive”. Lo battezza “Cagoja”.

20 settembre 1919. Gabriele D’Annunzio ottiene i pieni poteri e comincia a firmare decreti qualificandosi “Comandante della città di Fiume”. Il 16 ottobre le truppe regolari dell’esercito continuano a bloccare la città e D’Annunzio dichiara Fiume “piazzaforte in tempo di guerra”. Questo gli consente di applicare tutte le leggi del codice militare che in tal caso prevede anche la pena di morte con immediata esecuzione per chiunque si opponga alla causa Fiumana.
Il plebiscito del 26 ottobre segna il trionfo di D’Annunzio che ottiene 6999 voti favorevoli all’annessione su 7155 cittadini fiumani votanti.

Nel frattempo le potenze alleate ammoniscono il governo italiano sulle complicazioni che l’impresa fiumana può portare nelle trattative ma la loro presa di posizione è abbastanza moderata, tale da indurre Nitti a non intervenire con la forza contro D’Annunzio, ma a intavolare con lui pacifici negoziati. Arriviamo così alla vigilia delle elezioni. D’Annunzio riprende la sua attività espansionistica ed il 14 novembre sbarca a Zara, debolmente contrastato dal governatore militare. Occupata Zara, D’Annunzio riparte pochi giorni dopo lasciando una guarnigione a presidiare la città.
Gli italiani vanno alle urne ignorando le ultime imprese di D’Annunzio, perché il governo blocca la notizia attraverso la censura, temendo che il nuovo fatto d’armi possa mutare il corso della consultazione. Le elezioni del 1919 vedono la sconfitta dei fascisti e nel giugno del 1920 Giolitti subentra come Presidente del Consiglio a Nitti.

Il 1920 vede la conclusione definitiva dell’avventura fiumana di Gabriele D’Annunzio.
I rappresentanti delle potenze alleate si riuniscono a Rapallo. Il 12 novembre viene firmato un trattato che dichiara Fiume stato indipendente e assegna la Dalmazia alla Jugoslavia tranne la città di Zara che passa all’Italia. Il “poeta soldato” viene invitato ad andarsene da Fiume. Questa volta l’esercito e la marina italiana non potranno più mostrarsi compiacenti con D’Annunzio. Il generale Enrico Caviglia viene inviato a Fiume per far sgomberare la città dagli occupanti. E’ Natale. D’Annunzio dichiara che quello sarà un “Natale di sangue” e promette che verserà anche il suo, ma il generale Caviglia ordina ad una nave da guerra di aprire il fuoco contro il palazzo del governo. Le prime bordate segnarono la fine dell’avventura di D’Annunzio.

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