Traffico clandestino RAEE: una piaga da sradicare senza esitazioni

Creato il 29 settembre 2015 da Ediltecnicoit @EdiltecnicoIT

Il traffico di rifiuti e di componenti metalliche ed elettriche custodite al loro interno si sostanzia come un fenomeno dirompente: è ciò che affiora in sintesi, in tutta la sua rilevanza, dai dati contenuti nel Report realizzato nell’arco di due anni grazie ai fondi del VII Programma quadro della Comunità europea, denominato “Contrastare il commercio illegale dei RAEE”. Un’indagine in cui a incarnare il ruolo del coordinatore è stato l’Interpol: l’organo internazionale dedito alla cooperazione di polizia ha coordinato un team di organizzazioni internazionali, forze dell’ordine, accademici, consulenti e specialisti della filiera dei rifiuti elettronici.

I dati
I dati sono piuttosto crudi: solamente un terzo dei 9,5 milioni di tonnellate di rifiuti elettrici ed elettronici (RAEE) prodotti all’interno dell’Unione Europea a 28 (più Norvegia e Svizzera), viene riciclato e smaltito correttamente. Per i restanti, una quota che si aggira sui 6,15 milioni di tonnellate, si apre la voragine dell’illegalità, dell’inquinamento, del traffico internazionale di rifiuti e materiali utilizzati dalle ecomafie. Circa 1,5 milioni di tonnellate finiscono al di fuori dell’Unione, nei paesi del terzo mondo, dove ragazzini smantellano a mani nude frigoriferi e lavatrici, computer, componenti elettronici, motori elettrici e schermi tv a caccia di minerali di un qualche valore e di componenti da immettere sui locali mercati dell’usato.

E in Europa cosa accade? Circa 3 milioni di tonnellate di RAEE vengono riciclati con metodi al di fuori della legge, mentre dei rimanenti 1,5 milioni di tonnellate la metà, prevalentemente piccoli elettrodomestici, finisce in discarica (causa la scarsa attenzione di cittadini ed amministrazioni che non provvedono in maniera corretta ad effettuare una raccolta differenziata). Le restanti 750mila tonnellate entrano nella rete dell’economia informale dove c’è chi si appropria dei prodotti fuori uso per depredarli dei metalli (rame, alluminio, acciaio, oro, argento) e delle parti rivendibili. Ciò che rimane dopo tale attività clandestina viene abbandonato, con pessimi effetti sull’ambiente (le carcasse disperdono lentamente i loro veleni).

L’azione di contrasto a tale fenomeno non è per nulla facile: soltanto 2mila tonnellate di RAEE sono state sequestrate dalle forze dell’ordine e dalle agenzie doganali dei vari paesi (una goccia in mezzo al mare).

Fattori economici e azioni per contrastare il fenomeno
Ma quali sono i fattori economici che provocano la “mala gestione” di tale tipologia di rifiuti? Vi sono in questo senso cifre di rilievo che non fanno altro che confermare l’esistenza di un vero e proprio “business” del traffico di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche: lo smaltimento in discarica comporta, ad esempio una perdita di materiali del valore stimato tra i 300 e i 600 milioni di euro. Per i RAEE che invece finiscono nel mirino dei predoni dell’economia informale il danno causato è tra i 200 e i 500 milioni. L’Agenzia per l’ambiente del Regno Unito fissa in circa 11mila euro il profitto per chi invia nel continente africano un container stipato di tale tipologia di rifiuti.

Leggi in proposito l’articolo RAEE, i nuovi pozzi di petrolio che contengono oro vero (e argento).

“Si dovrebbe introdurre la tracciabilità dei pagamenti nel commercio dei rottami metallici – spiega Alessandro Zanasi, presidente della Zanasi & Partners, società di consulenza specializzata nella sicurezza e nell’intelligence che ha collaborato alla stesura del Report – oltre a certificazioni comuni nella UE, all’obbligo di comunicare i risultati alla Commissione europea e a sistemi d’ispezione mirati”. Ma ciò non è sufficiente: necessaria è anche la creazione di una “task force” di sicurezza ambientale ed una formazione specifica per la magistratura.

Altra voce di rilievo sul delicato argomento è quella di Fabrizio D’Amico, presidente del Centro di Coordinamento RAEE, il quale rammenta che ogni anno in Italia vengono immessi nel mercato circa 800mila tonnellate di apparecchi e dispositivi e la raccolta da parte dei consorzi dei produttori tocca le 240mila tonnellate: “Il prossimo anno gli obblighi comunitari impongono di raccogliere il 45% dell’immesso, quindi ad oggi c’è un gap di almeno 15 punti percentuali”. Il problema, messo in luce da D’Amico, è intercettare e fare entrare nel circuito legale buona parte di quelle circa 560mila tonnellate “latitanti”: “Gli accordi di programma sottoscritti quest’anno con i comuni e i gestori dei centri di raccolta e distribuzione contribuiranno a far salire la raccolta ufficiale”.

Per una rapida disamina della situazione normativa in Italia consulta l’articolo Raccolta e gestione RAEE, Nuovo Accordo: più premi per i più bravi.

Fondamentale, in tale direzione, sarà anche una maggiore attenzione alla comunicazione nei confronti dei cittadini che, spesso, non sanno ancora in quale modo debbano essere smaltiti i vecchi prodotti.

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