Invece, poso gli oggetti antipatici al metal detector e passo con un cartoncino pinzato alla tasca – conferenza in sala Aldo Moro – da questa parte del Palazzo, «è necessario tenerlo sempre in vista, signore». Qui dentro sono tutti puliti, sistemati ecco, il vestito non fa una piega e sorridono quando ti guardano o camminano in sordina, è il loro lavoro; se no conversano in mezzo a tanto legno e ottone, tramando fili di voce nelle miriadi cubiche d’aria impassibile per i metri d’altezza ai soffitti dipinti. Qui si fa la nostra Storia, o almeno si ratifica quella che per lo più è decisa in case che non sono palazzi dove la gente sorride, per viuzze lontano da quel piazzale: l’Italia, spesso e non sempre, è un mistero che conoscono in tanti, il segreto di Pulcinella.
Ma non voglio andare fuori trama, e poi ho deciso di venire qui dando una tregua ad alcuni miei pregiudizi, già tanto solleticati dai tank media telematici: ai festival fiere saloni e compagnia bella sui libri si registra sempre tanta affluenza; con la galassia pubblicistico-immaginativa sulle mafie si fanno tanti bei dindi. Non dico sia facile, ma ogni tanto è bene ricordarsi che esistono anche le persone vere, ascoltare senza filtro le cose che fanno in carne e ossa, sentirle parlare della lotta che portano avanti lontano da qui, in una realtà ad aria compressa.
Persone come Elisabetta Tripodi (sindaca di Rosarno), Maria Carmela Lanzetta (sindaca di Monasterace), Armando Caputo (associazione antiracket di Lamezia) e Gianni Speranza (sindaco di Lamezia); le loro voci, timide ospiti in questa sala barocca ma scudi fermi in terra di ‘ndrangheta; le parole dei ragazzi volontari che in una lettera dicono il rifiuto di tanti negozianti ad appendere la locandina con il logo e il programma; il mancato sostegno, tra gli altri, della Regione o della Camera di commercio perché a Trame nessun politico sale sul palco; la denuncia della mancata formazione, a tre mesi dall’inizio della legislatura, della Commissione parlamentare antimafia.
Ma dopo le reti di denuncia che hanno dato linfa all’associazione antiracket, e le condanne ai capimafia catturati dalla Medusa, «serviva anche un’operazione culturale che oltre agli imprenditori avvicinasse i giovani», ricorda Caputo. Così, dopo i primi due anni della gestione Lirio Abbate, il nuovo direttore artistico, Gaetano Savatteri ha voluto superare la pagina scritta allargando la riflessione sulla legalità ai linguaggi dell’arte, del cinema, della letteratura e della musica. E via coi numeri: oltre 100 ospiti, 40 libri presentati e raccontati, 60 tra incontri letterari, musicali, teatrali, laboratori, proiezioni di film e reading. Qui c’è tutto il programma.
Soltanto alla fine mi accorgo che accanto a me è seduto il regista Mimmo Calopresti, di cui molti anni fa apprezzai La felicità non costa niente e altri documentari. Tanti lo guardano e ammiccano ma io non gli stringo la mano: lo conosco attraverso il suo lavoro, lui non mi conosce e ho sempre pensato che non dev’essere bello sentirsi sempre l’ultimo a sapere le cose, l’ultimo a sapere chi ti sta davanti, che invece sembra sapere benissimo chi sei tu. Ma tu regista, tu narratore, lo hai legato a te con il lavoro che fai e adesso sei ordito in un tessuto comune. E questa è trama già diversa.