Transformers 4: l’era dell’estinzione

Creato il 19 agosto 2014 da Houssymovies2punto0 @h0ussy

Perdonatemi, sono davvero stanco. Mi sono ripromesso qualche tempo fa di non cedere al facile entusiasmo di criticare film pessimi, pratica fin troppo facile e diffusa che non fa altro che nutrire a dismisura l’ego di chi legge e di chi scrive, ma la mia decisione di recensire principalmente pellicole perlomeno interessanti, mi ha portato a ridurre i miei post ad una frequenza da contagocce. E’ dunque ora di disseppellire l’ascia di guerra e di occuparsi anche della merda che invariabilmente ed  inequivocabilmente intasa le nostre “amate” multisale. Ovviamente si comincia da quel pezzente incapace di Michael Bay.

LA SEQUENZA/ANIMA DEL FILM: Un cinema diroccato, abitato dai fantasmi di ciò che fu, il fin troppo aitante padre coraggio Mark Wahlberg, affiancato dal suo assistente deficiente ne varcano le porte e fin da subito si trovano di fronte ad un’aria di disfacimento e vecchiume. In mezzo a vecchie locandine di vecchi film interpretati da vecchi attori che oggi sono ormai morti, l’anziano padrone della sala vaneggia, delirando sui titoli del passato, quando il cinema era ancora grande. Whalberg e socio, trattano l’anziano signore come un povero ritardato, prima lo blandiscono e poi finiscono per giocare a football in una platea ormai ridotta a discarica, ricettacolo di ciarpame, vecchiume e morte.

Ecco il cinema di Michael Bay sintetizzato in una sequenza di 4 minuti: cinema ipertrofico, spocchioso, sconclusionato, che si fa beffe dei classici, prechè pensa di valere di più mentre a ben guardare l’intera titanica durata di Transformers 4 (quasi tre ore) non vale una sola inquadratura del cinema classico che dileggia. “Ora il cinema sono io!” sembra urlare Bay, ovviamente al rallentatore, mentre milioni di dollari vengono buttati nel dimenticatoio ad ogni posa del suo pantagruelico e sconclusionato film. Cattivi che diventano fin troppo buoni, battute sarcastiche ad ogni sospiro, ritmo talmente forsennato da causare attacchi epilettici, il solito uso smodato del ralenti, i soliti elicotteri che volano al tramonto, i soliti combattimenti interminabili, dinosauri robot di provenienza ignota, spade fiammeggianti, bandiere a stelle e strisce che garriscono nel vento, una strisciante spruzzata di misoginia unita ad una malsana paranoia genitoriale condita da un’orgogliosa rivendicazione della verginità come valore assoluto oltre ogni limite di decenza e realismo e poi tanto, tantissimo fumo e poco, pochissimo arrosto.

Eppure senza dover cercare altrove, l’ipertrofico Michael Bay è tutto in quella sequenza all’apparenza innocua appena descritta, una scena da cui capiamo tanto del suo modo di pensare e fare il cinema. Nel far apparire quell’anziano gestore di sogni, come un pazzo sconclusionato che parla da solo, c’è un’arroganza e un pressapochismo che difficilmente salveranno Bay (e il suo conpagno di merende Zack “300” Snyder) dalle fiamme dell’inferno. Pensare che il cinema classico sia superato ed antico è un’affezione tipica di oggi, momento storico assai delicato in cui in tanti sono fin troppo intenti a contemplare se stessi attraverso un profilo di facebook. Oggi ritenere che un film in bianco e nero sia da disprezzare solo per il fatto che è carente sul fronte del colore, significa avere dei serissimi problemi, non capire nulla di cinema e probabilmente molto poco della vita in generale. Purtroppo fin troppo spesso si dimentica che il cinema è un’arte (la settima) e come tale va giudicata. Ora io mi rendo perfettamente conto che la tendenza comune e attualmente di moda, porti questa decerebrata società deviata a veicolare principalmente film di supereroi o di Checco Zalone, come non ho nulla in contrario che qualcuno faccia di queste pellicole indecenti la propria dieta ferrea; quello che però non riesco a tollerare, ne francamente a capire, è come sia possibile che ci si permetta di giudicare senza avere le basi il cinema del passato, ritenendolo superato, lento e da evitare come una brutta malattia. Hichcock, Welles, Chaplin, Kubrick, Fellini, Antonioni, Bunuel e Wilder, il loro cinema è diventato sinonimo di vecchio, di superato, di antico da lasciarsi alle spalle, mentre a saper guardare c’è molta più libertà, impudenza, provocazione e modernità negli ultimi 30 secondi di A qualcuno piace caldo di tutti i Vacanze a Vaffanculo che verranno prodotti da qui all’eternità.

Purtroppo spesso il problema sta in chi guarda, probabilmente a volte non si hanno i mezzi per capire, decodificare ed apprezzare quella che a tutti gli effetti è la forma d’arte più immediata e popolare di tutte. Socrate diceva: Io so di non sapere. Ecco oggi nessuno ammette più di non sapere, tutti si sentono in grado di sapere tutto, forse anche per colpa del mezzo che io stesso sto utilizzando, si è smarrita l’umiltà di alzare la mano ed esclamare timidamente: io non ho capito. Il cinema dei Transformers, degli Amazing Spiderman, di Cristian De Sica, Pieraccioni e Zalone, ha contribuito ad alimentare questa distonia, facendoci credere che l’intrattenimento non avesse bisogno di concetti, etica e sovrastrutture, che servisse solo a staccare il cervello ed abbandonarsi ad una pioggia di immagini e sguaiate risate. Guardando per esempio  l’intrattenimento per bambini/ragazzi, perché di questo alla fine stiamo ragionando, ci accorgiamo di quanto negli ultimi anni questo sia radicalmente cambiato, perdendo, dispiace dirlo, qualcosa per strada. Oggi, nel 2014, il cinema è diventato decerebrato, ha per esempio smarrito la paura a favore di una confortevole monotonia fatta di zuccherosa bontà. A perdersi è stata anche quella logica anti edonista che era tanto cara a registi come Landis, Carpenter o Dante. Negli  anni abbiamo smarrito la morale e la voglia di ragionare, ci siamo cullati nell’idea che l’intrattenimento in quanto tale non avesse bisogno di concetti e pensieri da veicolare e così facendo siamo solo riusciti a rendere più stupidi noi e i nostri figli, adagiando i nostri flaccidi deretani sui comodi cuscini dell’ignoranza e lasciando morire un’arte che, in quanto popolare, più di ogni altra potrebbe e dovrebbe aiutarci a comprendere ciò che ci circonda.

Eccoci dunque tornati a Transformers 4, un film che è un vero e proprio insulto per chi guarda, così pieno di retorica guerrafondaia ed effetti speciali da fiera di paese, che andrebbe proiettato nelle scuole di cinema per far capire come non dovrebbe mai essere un film. In conclusione, prima di indignarvi perché questo post parla di voi e della vostra malsana ossessione per i film di Stallone e Jerry Calà, fatevi un esame di coscienza e chiedetevi quali film avete visto, se i registi sopra citati sono per voi semplici nomi senza senso o se invece hanno significato, ognuno a suo modo, una tappa della vostra crescita di spettatore. Se appartenete al gruppo degli indignati, abbandonate queste pagine e non fatevi più ritorno, qui la nostalgia sterile e fine a se stessa non è di casa, qui gli anni ’80 muscolari ed intrisi di edonismo sono considerati immondizia, qui si pensa che gente come Vanzina, Pieraccioni, Moccia, Brizzi, Veronesi e Zalone siano il male del cinema italiano, qui si pensa che il cinema dei supereroi ha leggermente scassato il cazzo…  insomma qui non c’è davvero nulla che vi possa minimamente interessare. Addio.



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