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Non riuscirò mai più a togliermi dalla testa quell’immagine oscena di Optimus Prime che cavalca il Grimlock come se fosse a un rodeo, inneggiando alla carica verso lo scontro decisivo, spalleggiato dai restanti Dinobot che radono letteralmente al suolo interi ettari di foresta cinese. Una scena senza ne capo ne coda per una saga alla deriva ormai senza più speranza di redenzione e con i protagonisti umani strategicamente messi un po da parte per lasciare spazio ai robottoni alieni. Al regista Michael Bay parte nuovamente l’embolo e cerca di alzare il livello di azione rispetto ai film precedenti col risultato di fare una pellicola così densa di sparatorie e scene di azione da arrivare alla fine del film totalmente rincoglioniti. I buchi nella trama manco a dirlo sono giganteschi e il succo finale è sempre il solito: la lotta tra robot buoni e robot cattivi con in mezzo a non capirci nulla gli umani, che scottati dal casino successo a Chicago in Transformers: The dark of the Moon hanno nel tempo sviluppato una tecnologia in grado di costruire dei robot del tutto simili a un transformer. Ecco allora che nasce Galvatron, il primo transformer terrestre che ha solo un problemino: è fuori controllo a causa di Megatron, sopravvissuto per la duecentesima volta alla morte e resuscitato tramite un upload della sua mente nel corpo di Galvatron. In tutto questo la CIA stringe un patto di alleanza con il cacciatore di taglie alieno Lockdown, intento a ripulire il pianeta dagli ultimi autobot e riportare Optimus vivo dai propri creatori.
Nel finale del film Optimus Prime chiude con la sua solita lezione di vita trita e ritrita prima di sfrecciare nello spazio verso il pianeta dove dimorano gli esseri che lo avrebbero creato, e che avevano inviato Lockdown sulla terra. Chi sono tali entità non ci è dato saperlo ma essendo il finale aperto, credo che lo scopriremo nel prossimo entusiasmante episodio di questa saga morta già da un pezzo.